31. 13 settembre 2023 – Silver City

Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

Usciamo da Bisbee dopo una notte di tuoni e temporali (fino a settembre è stagione di monsoni qui, ma hanno il buon gusto di sfogarsi di sera e di notte, almeno nella nostra esperienza) e ci troviamo dopo un miglio davanti allo spettacolo della miniera aperta del Lavender Pit Copper.Avevano cominciato a scavarci nel 1917 e hanno finito nel 1974. Il buco è largo 1.200 metri da nord a sud, lungo 1.524 metri e profondo 260 metri al suo massimo. Per le recenti piogge, il fondo pare allagato e la superficie visibile è di un color rame che fa risaltare lo spettacolo delle pareti chiare, biancastre, tutto attorno. È il paradiso dei geologi, che hanno individuato e catalogato circa 300 specie di minerali a fare da contorno al rame dominante. Anche questa è scienza.

Riprendiamo il viaggio verso Silver City, la meta di giornata in Nuovo Messico, sempre sulla US 80, se possibile ancora meno frequentata di ieri. Tutto in giro è deserto e campagna, e impariamo una nuova indicazione stradale: “Open Range”, pascolo aperto. È l’avviso che ci può essere bestiame che attraversa la strada. Infatti, prima vediamo un vitello nero, libero, che bruca pericolosamente vicino all’asfalto. Dopo alcune miglia, un’auto che viene dalla parte opposta alla nostra ci fa gli abbaglianti, un segnale di avvertimento. Pochi secondi dopo vediamo due mucche, una in procinto di attraversare la strada e l’altra appena dietro.

La lezione è che si minimizzano i pericoli, sia per gli animali sia per chi è in macchina, se si marcia con estrema attenzione anche quando si crede di essere da soli sulla  strada. Sappiamo, da statistiche nazionali, che gli attraversamenti di cervi, alci e altri animali – buoi, tori e vitelli compresi -, sono la principale causa di incidenti stradali. I cervi, da soli, contano per oltre 2 milioni di incidenti all’anno negli Usa. Visti gli abbaglianti d’avviso, ci siamo quindi fermati e abbiamo aspettato che le mucche tornassero sul loro prato.

Un viaggio di lunga distanza impone rispetto di chi condivide la strada con te, un complemento della ovvia prudenza. Ma la curiosità deve sempre accompagnare l’attenzione costante. Oggi, non preannunciato dalla nostra pur eccellente guida, ci è parato davanti un “marker storico”. Ci siamo fermati. Era una colonna di pietre e asfalto, alta un paio di metri, con una placca che ricordava la resa di Geronimo, capo leggendario degli Apache, nel settembre del 1886, al generale Nelson A. Miles. L’evento viene presentato come l’ultima battaglia che ha sancito la definitiva vittoria degli Stati Uniti contro i nativi americani. Ripartiti, io e Maria Teresa abbiamo convenuto che di tutte le vittorie degli eserciti degli Stati Uniti nella loro storia, non è certo questa che pensiamo vada celebrata con particolare enfasi. È di quelle nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, quelle sì, che noi, freschi cittadini americani dal 2018, andiamo orgogliosi!

Dopo una breve incursione nel Nuovo Messico, rientriamo in Arizona per inoltrarci nel Cave Creek Canyon. Sono ore che siamo in pianura, in realtà su un altopiano piatto oltre 1000 metri sul livello del mare. Ma adesso puntiamo verso le montagne, anzi verso l’ “isola nelle montagne” come ci viene descritta dal ranger volontario del Visitor Center, Rich Evans. Conosciamo lui, e capiamo in che paradiso naturale siamo finiti. L’ “isola” è il centro geografico e geologico dove si incrociano quattro diversi habitat, diventato l’eden in terra di entomologi e bird watchers.

Evans faceva l’ingegnere nel settore automobilistico a El Paso, in Texas, e una domenica mattina aveva visto con la moglie una trasmissione turistica in Tv che parlava del Cave Creek Canyon. “Sembra bello, andiamo a farci un giro”, e la coppia si mette in viaggio. Del resto sono solo due ore, per gli americani una bazzecola. Si innamorano subito del posto, e visto che cercavano una meta per quando lui sarebbe andato in pensione, hanno continuato a frequentarlo nei weekend. Hanno conosciuto gente che ci viveva, hanno fatto amicizia con una coppia che voleva vendere la loro casetta, e l’hanno comprata.

Dalle frequentazioni con i locali avevano appreso che l’area aveva tre qualità naturalisticamente eccezionali: la più ricca varietà di uccelli, con specie che vivono solo qui, come l’Elegant Trogon; una presenza ineguagliata di insetti, al punto che è nata una azienda che fa profitti procurando esemplari di ogni genere ai musei; e l’essere un’area “dark sky”, “cielo scuro”, ideale per ammirare le stelle da terra non essendoci luci artificiali per centinaia di miglia.

Evans, dopo sei anni di avanti e indietro, si stabilisce con la moglie qui, nel villaggio Paradise e diventa, due anni fa, il volontario che gestisce il visitor center per conto della Coronado National Forest, una agenzia del ministero dell’Agricoltura. È lì che l’abbiamo incontrato oggi, entusiasta e disponibile a illustrarci la ricchezza eco ambientale del territorio. Ma anche a farci capire come abbia potuto fare una scelta di vita simile, e come si trovi in quel posto, che a noi pare un eremo. “No no”, ci smentisce. “La nostra non è stata una scelta da isolazionisti. In questa zona c’è un’altissima concentrazione di laureati e di ricercatori che hanno un dottorato, gente che ha una preparazione e una passione per la scienza e per la vita nella natura. La vita sociale è attiva, ci si ritrova in molti club”.

Poi, calato nella parte della guida, ci illustra il depliant per girare il Canyon. “Lo sterrato qui dietro vi porta fino al sentiero dove, se siete fortunati, vedrete l’Elegant Trogon. O lo vedete qui, o in nessun altro posto al mondo”. Sulla parete del Visitor Center c’è una immagine dell’esemplare, che fotografiamo per sicurezza. Infatti, nella gita che facciamo, non lo vedremo con i nostri occhi. Però un ornitologo esperto, incontrato sul posto e armato di una camera professionale da National Geographic, è lieto e orgoglioso di mostrarci la foto che aveva scattato ore prima, dopo una paziente postazione.

Il tour nel Canyon ha una meta d’obbligo, più avanti, nella Southwestern Research Station del National History Museum di New York.  Steven, amministratore del centro, originario di Douglas al confine con il Messico, ha fatto domanda al Museo di Storia Naturale di New York quando ha saputo che si era aperta questa posizione, e mostra l’entusiasmo di uno che non sperava altro, per la sua carriera, se non di vivere nel canyon dove il papà cacciatore lo aveva portato fin da quando aveva due anni. Steven è molto cortese nello spiegarci la missione della sua sede: assistere i ricercatori che da tutto il mondo vengono a studiare le innumerevoli specie di uccelli e di insetti. Studiarle e, a volte, scoprirne di nuove. “Un ricercatore italiano, Marco Molfini della università di Roma, che ora sta alla University of California di Riverside, è un entomologo che in passato stava studiando una particolare specie di insetti e che pare ne abbia scoperte altre quattro, simili ma diverse”, ci dice. “Ora ha piazzato delle uova di un certo insetto nel nostro bosco per condurre una sua ricerca, e tra un paio di settimane tornerà per approfondire i suoi studi”. Steven ci mostra anche una foto, sul muro dell’ufficio, di David Rockefeller, collezionista di coleotteri: il benefattore che nel 1955 aveva permesso la fondazione di questo centro per sviluppare la scienza sugli insetti.

È stato affascinante scoprire che ricercatori senza frontiere, anche dall’Italia, frequentano questo angolo di paradiso (Paradise, infatti…) per far avanzare la scienza naturalistica. Ma a noi questa visita ha fatto conoscere meglio anche gli esseri umani. Un ingegnere di auto che si reinventa guida in un canyon, al servizio del pubblico. Uno studente di Roma che si dedica alla scienza naturalistica con la curiosità e la passione di un esploratore. Un bambino che realizza il sogno della sua vita seguendo le orme del padre cacciatore e amante dei boschi.

Il viaggio nella natura umana è davvero appassionante, non meno di quelli nei misteri degli insetti e degli uccelli del Cave Creek Canyon, e dei minerali di Bisbee.

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Le altre tappe del viaggio di Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

2023-09-15T12:54:58+02:00
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