8. 21 agosto 2023 – Savannah
Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi
“Gli italiani nella genesi della Georgia” è il titolo della targa storica nella Reynolds Square davanti al nostro albergo, lo storico Planters Inn. Andiamo a leggerla: “Quando James Oglethorpe lasciò l’Inghilterra per iniziare la nuova colonia della Georgia nel 1732, uno dei passeggeri fu Paul Amatis, un artigiano italiano specializzato nella produzione della seta. Paul fu poi incaricato di prendersi cura del Trustees Garden. Successivamente, più famiglie italiane vennero qui per lavorare nella produzione della seta. Joseph Ottolenghe costruì una filatura pubblica a Savannah, sul terreno che ora è Reynold Square. Quella filatura trasformò in seta grezza il numero record di 15.212 libbre di bozzoli. Le grandi speranze per il successo di questa impresa sono esemplificate sul simbolo originale della Georgia che raffigura una foglia di gelso, un baco da seta e un bozzolo, con il motto ‘Non sibis sed aliis’, non per noi stessi ma per gli altri”.
La produzione del cotone, non quella della seta, ha fatto la fortuna della Georgia e di Savannah e la comunità Italo-americana qui non si è sviluppata come in altre parti dell’America. Ma fa lo stesso piacere sapere che sangue italiano e professionalità del Made in Italy hanno contribuito anche alla nascita di questo Stato e di questa affascinante città, la prima capitale della Georgia.
Le sue case in stile neoclassico e coloniale sono state risparmiate dalla distruzione durante la guerra civile dal generale Sherman, lo stesso che proprio qui promise “40 acri e un mulo” a ogni schiavo liberato (promessa non mantenuta e oggi parte della discussione sui risarcimenti ai discendenti degli schiavi). E così è rimasta quasi intatta l’atmosfera antebellum di Savannah, nonostante il numero dei turisti sia più che triplicato nei 30 anni dalla pubblicazione di “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, il bestseller di John Berendt ambientato qui.
Clint Eastwood ne ha fatto un film, girando parecchie scene dentro e attorno a Monterey Square, e anche dentro Mercer House, la casa che si affaccia sulla stessa piazza e in cui viveva il protagonista della storia, vera: un antiquario accusato dell’omicidio di un prostituto.
Obbligata quindi per me – innamorata di Clint sia come attore sia come regista – la visita di Monterey Square: una delle numerose piazze e giardini del centro di Savanna, che è il più grande distretto storico nazionale d’America.
Purtroppo invece la statua Bird Girl, la cui fotografia ha reso iconica la copertina di “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, non è più nello storico cimitero Bonaventure. Dove venivano praticati i riti hoodoo di magia “buona” (dalle 23:30 a mezzanotte) e quelli di magia “cattiva” (nella mezz’ora dopo mezzanotte) a cui allude il titolo del libro. La statua era così famosa e meta di troppi turisti che l’hanno tolta dal cimitero e messa nei Telfair Museums (che non abbiamo fatto in tempo a visitare). Niente gita al Bonaventure, quindi.
Per stare in tema di luoghi storici, non potevamo non andare nella Planters Tavern, a due passi dal nostro albergo. Si trova nella cantina di una magione del XVIII secolo in stile georgiano, con le pareti interne di mattoni e caminetti.
Avevamo appena accennato in un precedente diario alla felice esperienza che sta vivendo nel College di Charleston un ragazzo italiano, Leonardo D’Ambrosio, nato nel 2001 a Torino.
Oggi siamo in Georgia, ma abbiamo avuto la fortuna di trovarlo al telefono, e dalla lunga conversazione con lui è uscita una storia, come ci ha detto lui stesso, “inspirational”. “Penso che quanto sto facendo possa essere di ispirazione per molti ragazzi più giovani, con il messaggio di non mollare mai e di rischiare sempre nella vita! La strada che sembra più difficile a volte è quella che dà più soddisfazioni!“. A 22 anni, non solo ha davanti la prospettiva (certa) della laurea in Business Administration in una università della Carolina del Sud di buona tradizione e ranking, ma coltiva anche – lui sa bene che è un sogno ma farà di tutto per realizzarlo – una carriera vera nel calcio professionistico.
Il College di Charleston è una storica istituzione fondata nel 1770, e nella classifica della edizione 2022-2023 U.S. News & World Report delle migliori università regionali degli Stati Uniti del Sud è nona, piazzamento più che dignitoso. Del resto, chi riesce a essere ammesso (e non è un residente della Carolina del Sud) deve pagare, secondo il sito della scuola, una retta annua di 35.798 dollari.
Dov’è, allora, l’eccezionalità della situazione? Che Leonardo non sta pagando una lira, perché l’università gli ha dato una borsa di studio che copre ogni spesa… a patto che lui continui a divertirsi come un matto giocando bene a pallone (che qui si chiama soccer, come sanno ormai anche gli italiani visto l’interscambio Usa-Italia di giocatori e investitori).
È andata così, come lui ci ha raccontato. “Sono entrato nei Pulcini del Torino nel 2006 e ci sono rimasto fino al 2020. Sono stato convocato dalla nazionale italiana Under 15 e Under 16 e nel 2019 ho contribuito alla vittoria del Torino nel campionato giovanile italiano per le squadre sotto i 18 anni”.
Complimenti Leonardo, ma il salto dell’Atlantico? Come hai potuto farlo?
“A 18 anni, avevo frequentato l’Istituto sociale internazionale Vittoria e stavo studiando, con un corso a distanza, all’Università Uni Nettuno Telematica. Non potevo iscrivermi ad una università normale, perché ci tenevo alla carriera di calciatore. E infatti durante quegli anni ho giocato in Serie D a Savona e a Bra, in provincia di Cuneo”.
Tutto bello e promettente ma… Charleston?
“Mi arriva, a 18 anni, la telefonata da una agenzia, USA College Sport, creata da un ragazzo italo-rumeno che aveva personalmente vissuto l’esperienza di ricevere una borsa di studio da un college americano. Non ho risposto subito ma poi, a 20 anni, ho deciso di accettare e di tentare la ventura”.
I college americani sono molto interessati a reclutare giovani che eccellono negli sport, perché avere un team che si distingue in una disciplina è un modo di farsi una buona reputazione e propaganda per attirare studenti. E per questo si fanno concorrenza tra loro, come ci racconta Leonardo.
“Quando ho dato l’ok alla agenzia di cercare un college che mi volesse, in pochissimo tempo sono fioccate molte offerte. Avevamo preparato dei video con le migliori giocate delle mie partite, e su quella base ho avuto diversi contatti con gli allenatori di varie università. Alla fine potevo scegliere tra la Drexel di Filadelfia, l’università statale della Carolina del Nord, il Manhattan College di New York e, appunto, il college di Charleston. Questo mi ha colpito perché è davvero un bel posto, e con l’allenatore c’è stata subito un’ottima intesa. Lui è stato per sette anni il portiere del Charleston, squadra che milita nel campionato americano universitario di Divisione One, nel girone che raccoglie tutte le squadre delle città sulla costa atlantica”.
Quindi rifaresti questa mossa? “Certamente. Mi ha cambiato la vita e sono felicissimo. In Italia non è facile, come qui, conciliare lo studio serio con il giocarsi la possibilità di raggiungere il tuo sogno”. Il sogno del Leo di Torino? Chissà, potrebbe essere quello di finire nell’Inter Miami con quell’altro Leo già famoso, Messi.
La strada 17 verso Sud, fra paludi e filari di querce, per andare a Savannah.
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