Perle veneziane. Amy West
Amy West è un’artista e designer americana che ha deciso di dedicarsi all’antica arte delle perle in vetro veneziane. Grazie alla sua creatività e ai suoi influssi internazionali, i suoi gioielli e le sue creazioni esprimono uno stile personalissimo, che fonde la tecnica tradizionale della lavorazione a lume del vetro ad un design moderno.
Perle veneziane. La perla e il fuoco
Il compositore e musicista italo-israeliano Yakir Arbib ci illustra il processo compositivo di un brano ispirato alle perle veneziane. L’artista ha cercato di trasporre in musica l’azione del fuoco, elemento di creazione e distruzione insieme, cruciale per la lavorazione del vetro; inoltre, egli ha composto tre scale musicali ispirate ai tre colori emessi dalle perle nel momento della loro forgiatura, il rosso, il blu e il bianco. Il brano è eseguito da Arbib stesso al pianoforte e da Thomas Block alla glassharmonica, rarissimo strumento musicale realizzato a sua volta in vetro.
Perle veneziane. Cenni storici
Il mestiere veneziano, tipicamente femminile, di “impiraressa” consiste nell’attività di “impirare” (infilzare) le perle di vetro veneziane (le “conterie”) con lunghi aghi sottili, tradizionalmente svolta negli ambienti domestici o lungo le calli del sestriere di Canareggio. Questa antica attività artigianale è oggi mantenuta in vita da resilienti “impiraresse” come Marisa Convento, Luisa Conventi e Bruna Costantini, che desiderano tramandare la loro arte alle generazioni future.
Perle veneziane. Una perla, una storia
Francesca Rizzoni riflette sul valore passato e presente delle perle di vetro veneziane, forma d’arte ora riconosciuto come Patrimonio immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. La leggenda vuole che l’arte delle perle in vetro sia nata dal desiderio di riprodurre le perle naturali e i coralli importati dall’oriente da Marco Polo e che sia rapidamente diventata un’arte dall’immenso valore culturale. Oggi, le perle veneziane possono servirci da monito nella difficile ripartenza all’indomani della pandemia da Covid-19. Solo per mezzo della consapevolezza della fragilità del bello e della necessità di creare un nuovo senso di solidarietà potremo ripartire: ognuno di noi è una perla, legata alle altre da un filo sottile che crea un gioiello tanto prezioso quanto fragile.
Caterina Licitra Ponti
Caterina Monda in conversazione con la designer italiana Caterina Licitra Ponti, in occasione della Triennale di Milano. Caterina Licitra Ponti parla della nascita precocissima della sua passione per il design, influenzata dalla tradizione della sua famiglia e inspirata in particolar modo dal bisnonno Gio Ponti. Vengono ripercorse le tappe della sua carriera, dalla prima collezione di mobili, ai tappeti, ai cristalli, fino ai recenti cuscini; la giovane artista spiega che, nelle sue creazioni, cerca di fondere richiami alla tradizione del design italiano – in particolare del bisnonno – e influssi internazionali, e ama sperimentare continuamente con nuovi medium. Riflette inoltre sulla personale missione di “catalizzatrice” di artisti emergenti e sull’importanza per i giovani designer di coltivare e tramandare la grande tradizione artigianale italiana.
Simple Flair
Caterina Monda dialoga con i fondatori del gruppo Simple Fair, azienda di creative consultancy nel mondo del design. Riccardo Crenna e Simona Flacco parlano della loro decennale esperienza e della loro missione creativa, ovvero quella di raccontare un settore tradizionale e spesso di nicchia come quello del design con un linguaggio nuovo, diretto e social. Proprio per questo motivo i due hanno scelto come propria sede Milano, una città che ha fatto la storia del design italiano ma che costituisce uno spazio fertile per la crescita del settore nel futuro, in quanto favorisce l’incontro e la collaborazione tra realtà differenti e sa trarre linfa nuova dai giovani talenti. La filosofia del gruppo si basa infatti sul contatto personale, sullo scambio di idee differenti e sulla condivisione di valori e obiettivi; quello di Simple Fair è un approccio diretto e informale, che punta a presentare con sincerità e umiltà progetti innovativi e spesso audaci nel mondo del design. Il desiderio di creare uno spazio di aggregazione aperto, di offrire uno spazio di scambio informale tra designer e altri artisti creativi li ha portati ad aprire Riviera, uno studio creativo nel cuore di Milano che ospita eventi, conferenze, mostre e workshop. Tra i progetti a lungo termine del gruppo vi è quello di immaginare e indagare le nuove prospettive del settore dopo la fine della pandemia da covid-19, che ha permesso loro di fermarsi a riflettere su quali cambiamenti desiderano vedere nei prossimi anni nel mondo del design.
Pietro Franceschini
Caterina Monda dialoga con l’architetto e designer Pietro Franceschini. Egli spiega la sua decisione di abbandonare la carriera di architetto e di reinventarsi come designer, che gli ha permesso di non dover più attendere anni per veder realizzati i propri disegni e di poter assumere il pieno controllo del processo creativo. Nel design dei propri mobili e pezzi d’arredamento Franceschini cerca di conciliare l’eleganza e la semplicità classiche con l’innovazione e il gusto contemporanei; in tal senso, il continuo spostamento tra le sue due sedi – Firenze e New York – gli permette di cogliere continuamente nuovi spunti creativi. Franceschini si sofferma inoltre sulla sua collaborazione con grandi visual artists e riflette sul ruolo cruciale che la tecnologia digitale assumerà nel mondo del design, influenzandone non solo le possibilità creative ma anche la crescita a livello finanziario.
Artefatto + Studio F.
Caterina Monda dialoga con i designer del gruppo Artefatto e il co-fondatore dell’atelier Studio F. Lo studio Artefatto nasce dalla fusione tra il design tradizionale italiano di Lorenzo Scisciani e Salvatore Morales e lo sperimentalismo inglese di Sacha Andraos; non a caso, dopo la nascita a Londra, il gruppo sta per aprire una sede a Milano. Studio F. è invece un atelier, fondato da Federico Boschiazzi e Francesco Lucchetti, che si occupa di recupero del legno e che ha trovato una particolare sinergia con i designer di Artefatto. Il comune desiderio di mantenere un’identità creativa e ribellarsi alle leggi uniformanti del mercato li ha portati a fondare il collettivo Movimento Club, una piattaforma online che riunisce designer emergenti da tutto il mondo e li mette in contatto con aziende provenienti da una molteplicità di settori differenti. Il Movimento ha permesso inoltre ai suoi membri di esporre digitalmente le proprie creazioni e farsi conoscere durante il periodo della pandemia da covid-19. In conclusione, i tre designer intervistati riflettono sul concetto di Made in Italy: è fondamentale preservare la tradizione italiana, comunicando in modo efficace il valore del nostro artigianato spesso in difficoltà, ma è altrettanto cruciale non fossilizzarsi e continuare a reiventare il Made in Italy per mantenerlo attuale nel futuro.
CC-TAPIS
Caterina Monda dialoga con i fondatori di CC-TAPIS, impresa che si occupa del design di tappeti. Nelcya Chamszadeh, Fabrizio Cantoni e Daniele Lora ripercorrono le tappe della loro avventura imprenditoriale, dal loro incontro, ai primi design realizzati personalmente, fino alle collaborazioni con altri grandi designer e imprese. Il gruppo spiega di aver scelto la città di Milano come base della loro attività in quanto costituisce uno dei centri nevralgici del design a livello internazionale. La decisione di produrre tutte le loro creazioni in Nepal nasce invece dalla loro attenzione alla qualità e alle materie e dal desiderio di valorizzare l’artigianalità della produzione di tappeti. La sostenibilità è infatti uno dei valori più importanti per il gruppo, che viene attuato praticamente della scelta delle materie prime, nei processi di produzione, nel packaging e nella spedizione. Tra i progetti di CC-TAPIS vi è inoltre il programma di sostenibilità sociale CC-for education, volto a finanziare i percorsi educativi dei figli dei dipendenti dell’azienda.
SBGA
Caterina Monda dialoga con i due soci fondatori del gruppo SBGA. Giuseppe Blengini e Agostino Ghirardelli espongono i rispettivi approcci al mondo del design e la loro esperienza lavorativa comune. La città di Milano è il centro principale dell’attività del gruppo; nel corso degli anni, i due soci hanno assistito alla metamorfosi urbanistica e culturale della città, che è andata trasformandosi in una città policentrica grazie allo sviluppo di nuovi centri di aggregazione che hanno modificato lo skyline della città – primo fra tutti il City Life. La capacità di combinare architettura e design, innovazione tecnologica e collaborazione interpersonale è la forza che permetterà alla città di diventare uno dai maggior centri europei del prossimo futuro. Architettura e design sorgono infatti dal medesimo processo creativo e devono ugualmente rispondere ai medesimi principi di fattibilità. I due fondatori del gruppo SBGA riflettono inoltre sul concetto di sostenibilità: il compito dei nuovi designer è quello di non fare della sostenibilità economica e ambientale un ideale vuoto, ma di ideare dei modi per realizzarla praticamente nei processi produttivi e costruttivi. Infine, viene presentato il progetto C’entro, nato dall’idea di reimparare a incontrarsi all’interno di un conteso naturale dopo la pandemia di covid-19, nel rispetto delle norme di distanziamento e del rispetto della natura.
The Ladies’ Room
Caterina Monda dialoga con il gruppo di designer italiane The Ladies’ Room, composto da Ilaria Bianchi, Astrid Luglio, Sara Ricciardi e Agustina Bottoni. Le designer raccontano il loro incontro a Milano e la loro prima collaborazione in una mostra a Torino, durante la quale hanno coniato il nome The Ladies’ Room; riflettono inoltre sull’importanza di essere un gruppo al femminile, ma rivendicano il loro desiderio di essere riconosciute come professioniste del settore indipendentemente dalla loro identità di genere. Ciascuna delle giovani artiste illustra la propria particolare visione del design. Per Ilaria Bianchi, gli oggetti sono dei “detonatori emozionali”; il design è per lei uno strumento di investigazione di reale, per mezzo del quale non solo trovare risposte ma porsi nuove domande sulla nostra realtà. Astrid Luglio ha invece un approccio più pragmatico, che la porta a cerca di conciliare idea e funzionalità in tutte le sue creazioni. Sara Ricciardi spiega invece come la sua idea di design si è evoluta nel tempo: dopo un’iniziale attenzione alla materialità, il suo focus si è ora spostato sulla dimensione ambientale, sull’analisi di come gli individui si muovono e interagiscono con lo spazio circostante e su come il design può aiutare a ripensare gli spazi urbani e sociali. La product designer Ilaria Bottoni è mossa invece da un ideale di semplificazione formale e di riscoperta del contatto con la natura, che la porta a focalizzarsi sulla semplicità dei materiali e sulla purezza della forma.
Zaven
Caterina Monda dialoga con i fondatori di Zaven, studio creativo con sede a Venezia che si occupa di graphic installation e procut design. Enrica Cavarzan e Marco Zavagno ricordano gli inizi della loro collaborazione e riflettono sull’importanza della città di Venezia, che rappresenta una continua fonte di ispirazione creativa e permette loro di camminare quotidianamente in una realtà intrisa di design secolare. I due illustrano i momenti fondamentali del loro processo creativo, il loro desiderio di sperimentare continuamente con medium e materiali differenti, di cercare sempre di indagare i limiti estremi della producibilità di ciascun oggetto. Fondamentale per i fondatori di Zaven è inoltre la possibilità di collaborare con artigiani locali e di valorizzare la grande tradizione del design italiano.
Giocare con la luce: il gioiello
Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – a Alba Cappellieri (Politecnico di Milano, Direttrice del Museo del Gioiello di Vicenza) e Lucia Silvestri (Direttrice creativa dei gioielli Bulgari), in merito all’importanza della luce nel design di gioielli. La professoressa Cappellieri illustra come le proprietà ottiche delle gemme, che ne determinano la brillantezza e la luminosità, abbiano un valore simbolico cruciale: fin dalla Preistoria, infatti, l’uomo ha attribuito alla luce delle gemme la capacità di mettere in contatto con il divino e di rappresentare l’idea stessa della vita. Il design sfrutta la luminosità naturale delle gemme per creare gioielli unici e si serve del taglio (sfaccettato o a cabochon) per esaltare al massimo il colore e la luce delle singole pietre. Maestra di questa raffinata arte è Lucia Silvestri, le cui sue creazioni per Bulgari sono capaci di sprigionare il potenziale di luce e colore che è presente nella materialità di ogni pietra. Bulgari è infatti un’eccellenza nel design della gioielleria, capace di fondere la lunga tradizione italiana nell’arte del gioiello con una continua spinta alla creatività e alla sperimentazione; inoltre, proprio nei laboratori Bulgari si stanno formando le nuove generazioni di orafi e intagliatori che manterranno viva la manifattura italiana nel futuro.
Pianeta luce: illuminazione e design
Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – a Giuliano Mosconi, presidente del gruppo Zanotta e Tecno, in merito all’inaugurazione della Zanotta House di New York. Zanotta è una delle punte di diamante del design industriale italiano: l’azienda ha reinventato il living e l’arredamento italiani grazie alla collaborazione con designer di fama internazionale e le sue creazioni sono esposte in decine di musei d’arte contemporanea in tutto il mondo. L’azienda ha fatto della fusione tra estetica e funzionalità, dell’equilibrio tra tradizione e innovazione e dell’attenzione all’individuo i pilastri del suo successo. Viene presentata oggi la Zanotta House di New York, una casa aperta arredata con le grandi creazioni di design Zanotta, è il modo innovativo con cui l’azienda vuole promuovere l’immagine del living all’italiana nel mondo. In questo progetto, la luce è protagonista: luce naturale, luce artificiale e luce riflessa dai materiali e dai pezzi d’arredamento contribuiscono a coinvolgere il visitatore in un’esperienza unica.
Riconquistare la luce
Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – a Andrea Cusumano (Università Roma Tor Vergata) e Annalisa Minetti (cantautrice e atleta paralimpica), in merito alle possibilità di “riconquistare la luce” offerte dalla ricerca medica ai pazienti affetti da cecità. Il professore presenta il lavoro della Fondazione Macula & Genoma, una onlus con sede a New York che riunisce esperti da tutto il mondo, impegnati nello sviluppo di tecnologie che permettano di restituire la vista a persone non vedenti e ipovedenti – dai farmaci, alla terapia genica, alle protesi retiniche. Ambasciatrice della Fondazione è Annalisa Minetti: l’atleta e artista racconta come la perdita della vista non l’abbia mai fermata, ma al contrario le abbia insegnato che la disabilità è in realtà una capacità di essere abili in maniera diversa e speciale. Ha così scelto di impegnarsi nella divulgazione, per creare una comunità che riunisca ricercatori, pazienti e gente comune; è costantemente impegnata nell’accrescere la consapevolezza riguardo sia alla malattia, sia alle nuove prospettive offerte dalla ricerca, e nel far sentire un sostegno concreto da parte della comunità a medici e pazienti. Come recita il motto della Fondazione, insieme possiamo “rendere l’impossibile possibile” e far riconquistare la luce fisica e interiore a tutte le persone affette da cecità.
Fisica della luce
Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – a James J. Valentini (Dean Colombia University) in merito all’apparenza, alla percezione e all’impressione della luce. Il professore illustra i processi fisici e biologici responsabili della vista umana, spiegando come i segnali luminosi provenienti dall’esterno sono processati dai nostri neuro-recettori e interpretati nella corteccia cerebrale. L’uomo non vede mai gli oggetti in sé, dunque, ma le immagini di questi oggetti create nella nostra mente. Il medesimo meccanismo di processazione e interpretazione dei segnali luminosi viene svolto dalle fotocamere. Inoltre, Valentini spiega come differenti fonti luminose (dalla luce naturale ai metodi artificiali di illuminazione) influiscono sulla nostra percezione del colore: ciascuna fonte luminosa ha un proprio specifico spettro luminoso, che può essere più o meno vicino a quello della luce naturale, e che può modificare sensibilmente il modo in cui vediamo il mondo circostante. Questa possibilità di influenzare la percezione degli oggetti per mezzo della luce è sfruttata dai grandi designer per suscitare emozioni differenti; la particolare estetica della luce e del colore dei grandi designer, inoltre, rappresenta spesso una fonte di autorità per il gusto generale della società. La percezione umana degli oggetti e dei colori non è dunque uniforme e oggettiva, ma dipende sempre dalla sensibilità dell’osservatore, dalla fonte di luce, dal dispositivo utilizzato: non possiamo mai sapere come un’altra persona vede e percepisce il mondo.
I neon di Fontana
Videointervista di Fabio Finotti – Direttore dell’IIC di New York – a Renato Miracco, in merito all’uso della luce nell’opera di Lucio Fontana. L’esperto ci illumina sulle radici culturali dell’idea di luce dell’artista: dagli studi futuristi sulla dinamicità dell’opera d’arte, ai grandi studi scientifici di Maxwell e Einstein sul rapporto tra materia e energia, fino alla diffusione della luce elettrica, Fontana sviluppa la propria arte in un contesto culturale in cui l’idea stessa di luce viene ridisegnata. Nei suoi Manifesti Bianchi, l’artista introduce l’idea di opera d’arte come “concetto spaziale”, ovvero come un’esperienza che travolge la coscienza dello spettatore e lo porta aldilà della sua visione comune, in una nuova dimensione. Fontana realizza una molteplicità di installazioni luminose in cui utilizza la luce proprio in questa dimensione di “taglio nell’oscurità”, come un varco che trasporta il fruitore verso un nuovo livello di libertà e spiritualità. I più significativi esempi di tale versante della produzione artistica di Fontana vi sono i cosiddetti “ambienti spaziali a luce nera” e le installazioni al neon realizzate per la Triennale di Milano del 1951 e del 1961.
Osanna Visconti
Caterina Monda dialoga con la designer italiana Osanna Visconti. La designer discute dell’importanza di essere cresciuta a Roma e dell’influenza che la città eterna ha avuto sulla sua carriera artistica. Dopo essersi dedicata alla produzione di gioielli, Osanna Visconti ha iniziato a realizzare pezzi di arredamento in bronzo – il più nobile dei materiali; dopo aver disegnato le sue opere e averne realizzato un bozzetto in cera, il processo di fusione del metallo viene affidato dall’artista a degli artigiani esperti. La tecnica impiegata per le sue creazione, l’antichissima tecnica della fusione a cera persa, richiede infatti una raffinata capacità tecnica, di cui pochissimi artigiani conoscono i segreti. L’artista riflette sul valore delle tecniche artigianali italiani e su come queste rischino di andare perse; è quindi fondamentale educare le nuove generazione, renderle consapevoli dell’esistenza e della sopravvivenza di queste attività artigianali tradizionali e del loro inestimabile valore. La Visconti racconta poi la sua scelta di stabilirsi a Milano, una città dal ricco passato ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro, e riflette sull’importanza dell’ambiente naturale italiano per la sua arte. La natura è infatti per lei la più grande artista, ogni foglia è un’opera d’arte unica, e le sue creazioni puntano sempre a rendere eterna nel bronzo la bellezza del mondo naturale.
Marco Sammicheli
Caterina Monda dialoga con Marco Sammicheli, sovrintendente del Museo del Design Italiano e International Relations Chief Officer della Triennale Milano. Sammicheli ricorda la sua formazione all’università di Siena e alla Bahuhaus University di Weimar e parla della sua missione nel mondo del design, ovvero quella di servirsi delle sue capacità comunicative per raccontare da grande storia del design. Viene ricordato come proprio la città di New York, con una mostra del MOMA del 1972, ha svolto un ruolo cruciale nell’affermazione del mito del design italiano nel mondo. In particolare la città di Milano, con la Triennale e il Museo del Design, ha contribuito all’affermazione dei nomi di grandi designer donne italiane – come Gaia Aulenti, Nanda Vigo, Cini Boeri – e alla valorizzazione della dimensione artigianale e quotidiana del design italiano. Viene infine presenta la 23^ edizione della Triennale, dal titolo Unknown Unknown. An Introduction to Mysteries: la sfida lanciata alla comunità internazionale è quella di comprendere come il design possa contribuire ad illuminare le grandi questioni contemporanee, prima fra tutte la minaccia del cambiamento climatico. Sammicheli crede infatti che il design possa insegnarci a ridisegnare non solo i nostri prodotti, ma anche i nostri comportamenti e i nostri stili di vita, suggerendoci così una nuova direzione nel percorso verso la sostenibilità.