49. 1 ottobre 2023 – Charlottesville
Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi
La Virginia è lo Stato che ha dato più presidenti all’America, e la giornata è stata all’insegna di tre di loro, prima visitando una bellezza naturale unica (due, George Washington e Thomas Jefferson), e poi concludendo il nostro ricco itinerario tra i musei e le biblioteche presidenziali (il terzo, Woodrow Wilson).
La prima tappa è stato il Natural Bridge, un “ponte” in pietra scoperto quasi tre secoli fa: John Howard, con il figlio e altri amici, era stato mandato dal governatore William Gooch nel marzo del 1742 a perlustrare il territorio dalla Virginia al Mississippi e la squadra si era imbattuta in quel tesoro naturalistico. Il Parco Statale della Virginia, che lo gestisce dal 2016 accogliendo milioni di turisti ogni anno, riporta che era stato designato come una delle sette meraviglie naturali del mondo, cioè non costruite dall’uomo, dagli esploratori del tempo che ne erano stati affascinati.
Geologicamente è una formazione calcarea situata nella contea di Rockbridge, sito sacro per gli indiani Monacan che vi celebrarono una vittoria decisiva contro la tribú avversaria dei Powahatan molti secoli prima dell’arrivo dei coloni europei in Virginia.
La ‘meraviglia’ è il risultato del lavorio di chissà quanti millenni del Cedar Creek, il corso d’acqua che scorre ancora qui oggi. Il blocco massiccio dell’arco (viene anche da chiamarlo così) è imponente ad osservarlo da sotto, camminando sul sentiero che fiancheggia il torrente: il ponte (o arco), largo una trentina di metri, è ‘sospeso’ a 66 metri di altezza e sembra l’opera di un ingegnere fantasioso. Invece i geologi, con in testa Edgar Spencer che ha formulato la ipotesi più accreditata, hanno concluso che un flusso di acqua corrente sotto la montagna, che è per lo più fatta di materiale di pietra friabile, ha via via eroso nel tempo gli strati calcarei trasportandoli verso sud.
La stradina da un chilometro circa che si percorre dal Visitor Center per ammirare il ponte conduce ad una cascatella, a monte, di una quindicina di metri. Prima di arrivarci, si possono visitare una caverna di salnitro e una grotta più piccola, dove si nota un rivolo d’acqua che sta continuando l’opera di corrosione: e questo sarebbe un rafforzamento della tesi di Spencer.
Ma che parte hanno i due presidenti, nella storia del Bridge? Washington lo avrebbe visto nel 1750 durante una delle sue missioni di perlustrazione (faceva di professione il perito agricolo) dei territori della Virginia. Leggenda vuole che ci sia prova del suo passaggio sulla parete di roccia sotto il ponte. Abbiamo visto anche noi un rettangolo inciso sulla roccia dalla parte opposta del sentiero, senza poter però interpretare lo scritto, che sarebbe G.W. Vi sarebbe quindi la sua firma, ma sorge un quesito: come avrà fatto mai a salire fino a quell’altezza, almeno sette metri, irraggiungibile senza essere scalatori attrezzati? Ma la leggenda resiste, e si capisce che alle autorità del parco ciò faccia gioco: il primo presidente apprezzava la settima meraviglia.
Serissimo, e documentato, l’interesse del terzo presidente, Jefferson. Lui visitò davvero il sito, e gli piacque tanto da comprare il terreno tutto attorno. Vi fece uno chalet (si sa che c’era, ma non dove fosse) che usava per passarci le vacanze. Affarista come era, diede in affitto un pezzo della sua proprietà a un nero ex schiavo che si era comprato la libertà, e che divenne tanto bravo a gestire la zona sotto l’arco da trasformarsi di fatto in un ranger ante litteram che faceva assistenza ai turisti. La grotta che aveva la miniera di salnitro fu invece utile a Jefferson che fece estrarre il minerale, ingrediente fondamentale per la polvere da sparo. L’esercito USA di Jefferson lo usò nella guerra del 1812, e poi fino alla guerra civile.
Dalle memorie dei due padri fondatori al presidente della Prima Guerra Mondiale. A Staunton visitiamo il museo e la casa natale di Woodrow Wilson, dove visse solo fino a due anni, prima del trasferimento in Georgia con la famiglia. Il sito non appartiene al circuito della Biblioteche presidenziali, che sono gestite dalla agenzia governativa degli archivi di Stato e che iniziano con Franklin Delano Roosevelt dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa iniziativa è il prodotto di una società privata senza scopo di lucro avviata dalla seconda moglie di Wilson (la prima morì di malattia) per preservarne la memoria storica, ma non può essere paragonata con le altre che abbiamo visto e raccontato.
Abituati alla solennità (e agli investimenti) delle altre 15 biblioteche che mostrano il loro carattere federale, qui si è di fronte a una versione modesta, dal sapore familiare, di una ricerca storica su eventi vecchi un secolo. Il problema maggiore, per i fruitori contemporanei, è che nessuno ha una memoria personale diretta di che cosa sia stata la presidenza di Wilson. L’esperienza fatta visitando le precedenti biblioteche dedicate ai presidenti degli Anni ’50 e seguenti, almeno per noi di una certa età, era stata di rivivere e rivedere i loro anni, i loro problemi, le loro politiche, con la lente delle nostre sensazioni, dei nostri ricordi diretti.
Il presidente che ha promosso la Lega delle Nazioni, e ha deciso di scendere in guerra – la prima guerra mondiale – quando i tedeschi hanno attaccato le navi americane e la libertà dei commerci, è importante come tutti gli uomini che hanno scritto la loro pagina nella storia. Vinse le elezioni grazie a Teddy Roosevelt, transfuga repubblicano che corse come terza forza politica e fece perdere il GOP. Sul voto alle donne e sulla segregazione degli afro-americani Wilson è stato per anni su posizioni retrograde, prima di cambiare idea. Progressista sui temi dell’antitrust, si schierò a difesa dei sindacati contro le grosse aziende monopoliste. Lottò per ridurre le tariffe sui beni importati dall’estero, ma introdusse per compensare il gettito ridotto la tassazione sui redditi personali, fino ad allora sconosciuta. Creò la banca centrale americana, o Federal Reserve.
Le sue decisioni di politica estera e di politica domestica, che erano le più rilevanti per il pubblico americano durante la sua presidenza, 1913-1921, hanno quindi toccato questioni fondamentali e lasciato il segno. Chi non sa nulla della vita e del peso politico di Wilson, può anche imparare qualcosa dalla visita, ma non che finì i suoi anni alla Casa Bianca incapace di intendere e volere, “gestito” dalla moglie e dal medico di famiglia.
La parte più toccante del museo è nei corridoi della cantina, dove sono ricostruite le scene delle trincee del primo conflitto mondiale, con fucili, sacchi di sabbia, e un periscopio che riporta al modo in cui i fanti della guerra ’15-’18 combattevano al fronte. Il cinema ci ha dato tante versioni di quell’epopea estrema e sanguinosa e forse è per questo che ci sembrava, lì sotto, di essere stati parte di quegli episodi drammatici.
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