38. 20 settembre 2023 – Austin

Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

Questa puntata è speciale. L’abbiamo pensata in chiave newyorkese. Vuoi vedere che alla sesta settimana si affaccia un po’ di nostalgia? Non dico della città di per sé, ma del modo in cui noi viviamo New York. Di solito nel weekend, quando possiamo, camminiamo per ore con l’occhio del turista-reporter in cerca di cose ancora sconosciute. Così oggi l’abbiamo fatto a Austin, città vergine per la nostra curiosità, ed è stato molto bello.

Il là ce l’ha dato Antonella Del Fattore-Olson, la docente d’italiano della Texas University a Austin che avevamo intervistato ieri. “Dovete andare al Museo Blanton, è un must”.

Abbiamo ubbidito, ed è stata la nostra prima meta. È stato fondato nel 1963 ed è uno dei più grandi musei al mondo all’interno di un campus universitario, strategicamente collocato tra il cuore della università a nord e, a sud, Capitol Hill. Quando vi si arriva, a piedi, dalla MLK Avenue,  colpisce per gli enormi “petali” bianchi, 15 forme scultoree stilizzate in materiale metallico finemente traforato. Sono distribuite sulla nuova Plaza del college, inaugurata nel maggio 2023 e disegnata dallo studio d’architettura norvegese Snøetta.

Tra le opere d’arte classica della collezione Blanton, i visitatori italiani possono trovare soddisfazione e orgoglio (capita spesso nei musei americani, in verità) nei quadri del 1500 a firma di Parmigianino e di Luca Cambiaso, e di Daniele Crespi (1600).

Austin ha la sua spina dorsale nella direttrice che porta dal campus dell’Università giù giù fino al Colorado River, e noi la percorriamo tutta. Il primo tratto è un Mall che richiama quello di Washington perché conduce allo State Capitol, ossia nel cuore del potere. È la sede del governatore (che non ha limiti nel numero dei mandati); del luogotenente governatore (che viene eletto indipendentemente dal governatore e ha più potere che altrove, oltre a presiedere il Senato); del Senato (con 31 senatori che stanno in carica quattro anni) e della Camera (con 150 deputati eletti ogni due anni).

Visitare il Campidoglio del Texas è una esperienza raccomandabile sotto vari aspetti. Il primo è quello estetico, fatto di una bellezza architettonica esterna e interna che è rafforzata dalla imponenza, a sua volta scelta dai texani come messaggio della loro unicità/superiorità. E qui va fatto un passo indietro, per rispondere alle tante curiosità che vengono, durante la visita, tuffandosi nella Storia.

Anzitutto, il Texas nasce con la guerra di liberazione condotta contro il Messico. Divenne Repubblica nel 1836, e rimase uno stato sovrano per dieci anni, fino al 1846 quando fu annesso agli Usa quale 28esimo stato dell’Unione. Fu il secondo presidente della Repubblica del Texas, Mirabeau Lamar (dal 1838 al 1841) che nel 1839 volle che la capitale fosse Austin. Lamar fondò, sull’area del preesistente villaggio Waterloo, un nuovo centro abitato cui diede, appunto, il nome Austin dal pioniere Stephen Austin, e lo dichiarò capitale del Texas, iniziando durante il suo mandato la costruzione del Campidoglio. Lamar prese questa decisione perché non voleva che la capitale fosse Houston, città che aveva preso questo nome da Samuel Houston, primo presidente della Repubblica del Texas (dal 1836 al 1838) e terzo presidente (dal 1841 al 1844). Lamar e Houston erano acerrimi rivali.

Ci siamo divertiti a imparare questa storia di lotte politiche e di gelosie personali tra uomini di cotanto ego che hanno, tra l’altro, plasmato le origini delle nascenti città texane. Houston città, peraltro, si è poi presa la sua rivincita, ed è ancora oggi la maggiore metropoli del Texas, senza esserne la capitale.

Ma ritorniamo al Campidoglio di Austin. Disegnato dall’architetto di Detroit E.E. Meyers, fu eretto dal 1882 al 1888. Meyers aveva un mandato preciso, dal governo e dalle legislature texane, nel segno della grandeur dello Stato: il Texas State Capitol è più alto del Campidoglio federale di Washington, ed è il più grande di tutti gli altri Capitol degli Stati come metri quadrati calpestabili. Inoltre, Meyers ha anche disegnato – a fine lavori nel 1888 – la Goddess of Liberty, la dea della libertà, che domina Austin dalla punta del cupolone.

Palesemente ispirata alla Statua della Libertà donata due anni prima dalla Francia a New York, questa opera scultorea ha “natali” non così nobili. Meyers, per la sua realizzazione pratica, pare si sia affidato a cataloghi pubblicitari del tempo che offrivano copie della Statua della Libertà (questa, almeno, è stata la risposta della guida del tour a Maria Teresa, che sulle statue non scherza). Esteticamente, in effetti, non è bella quanto la nostra “libertà” nella baia di New York.

Invece, la volta del cupolone che, appena entrati, si ammira dalla base al piano terra, è davvero spettacolare. E fa venire il mente la magia del Panteon romano, solo che al posto del cielo c’è una stella solitaria, la Lone Star, che è il simbolo del Texas.

Come finanziarono la costruzione di un palazzo tanto pretenzioso, i texani? Il Texas aveva pochi cittadini, quindi poche tasse, quindi niente fondi. Aveva però terra, tantissima terra, e la mise a frutto. Nel 1882 lo Stato vendette a due fratelli di Chicago, Charles e John Farwell, 12 mila chilometri quadrati di campagna incolta e desertica, contro il loro impegno a costruire il Campidoglio. I due finanzieri, che avevano comprato senza nemmeno vedere il territorio del Panhandle, nel Texas settentrionale,  pensarono di farne un enorme ranch – chiamato XIT che era un facile marchio per le bestie – e raccolsero il denaro per le operazioni vendendo bond agli investitori di Londra. A regime, oltre un migliaio di cowboy, maschi e avventurosi, hanno gestito 150 mila capi di bestiame fino a quando, nel 1901, i Farwell poterono rivendere con profitto la terra ad agricoltori e allevatori. Il Texas aveva il suo Campidoglio e una vasta porzione del suo territorio era stata resa coltivabile.

L’esterno del Capitol Hill è una sfilata di sculture che non rinnegano il passato confederato del Texas. Lo scultore italiano Pompeo Coppini, nato nel 1870 nel Mantovano e diventato cittadino Usa nel 1902, oltre ad essere l’autore della Fontana Littlefield davanti all’Università del Texas a Austin, ha firmato  tre opere che celebrano i “Terry’s Texas Rangers”, i “Soldati confederati” e la “Hood’s Brigade”. Coppini morì nel 1957, ignaro delle polemiche che sarebbero esplose mezzo secolo dopo, ovunque in America, per la cancellazione dei tributi artistici ai militari dell’esercito secessionista. Anche ad Austin, nell’agosto del 2020, parlamentari locali Democratici proposero senza successo la rimozione dei monumenti confederati, che ancora campeggiano attorno al Campidoglio, alcuni con riportate frasi di encomio del generale Lee e dell’unico presidente sudista, Jefferson Davis. Una sola placca, che era all’interno del palazzo governativo, era stata rimossa un anno prima, nel 2019, perché sosteneva un falso storico, ossia che “la secessione non era stata una ribellione e non era avvenuta per sostenere la schiavitù”.

Lasciato il Campidoglio, la nostra giornata metropolitana è proseguita lungo la Congress Avenue fino al Colorado River. Di giorno, purtroppo, i pipistrelli non si vedono, ma la visita al ponte di Austin è obbligatoria. Si impara dai pannelli, ben fatti, che la colonia di 750mila esemplari è stata attirata lì per una funzione sanitaria: voraci di insetti e zanzare, i pipistrelli hanno aiutato, e aiutano ancora oggi, a combattere la malaria. Sapevate (io non lo sapevo) che i pipistrelli volano grazie alle loro mani, perché non hanno ali ma dita palmate? Vederli all’imbrunire in azione dal vivo è uno spettacolo eccezionale, ma avevamo purtroppo fissato un diverso programma per la serata, il cabaret comico del comedian Joe Rogan.

È forse il più celebre e pagato al mondo, con il contratto da 200 milioni di dollari firmato con Spotify per il suo podcast. Era un’occasione unica assistere al suo show al Comedy Mother Ship sulla Sesta Strada, la sede che ha aperto da qualche mese dopo aver lasciato Los Angeles. Non avevamo trovato online il biglietto, dato per esaurito, ma noi ci siamo messi in fila lo stesso un’ora prima sperando in qualche rinuncia. Ce l’abbiamo fatta, alla fine, e lo show non ha tradito l’attesa. I comedian (cabarettisti comici) americani sono dissacranti, e svolgono una funzione liberatoria. Il pubblico (sono richiesti 21 anni per entrare) nella vita di tutti i giorni, al lavoro e all’università, vive sotto la cappa della correttezza politica e del conformismo, e qui gode invece della licenza di ridere degli stereotipi. Sono raffiche di battute che spesso sfidano il buon gusto, in una costante ricerca dell’eccesso. La volgarità fa parte del gioco, e il dialogo tra il comedian (ce ne sono diversi che ruotano sul palco prima di Rogan) e la gente, è un ping-pong tra parole (spesso sporche, sempre ammiccanti) e risate rumorose. I temi sono però serissimi: in polemica con chi dice che non bisogna fare figli oggi perché non é il momento giusto, per esempio, un comedian ha chiesto, retoricamente, “era forse meglio quando i dottori non si lavavano le mani in sala parto? O quando i vichinghi bruciavano i neonati (di altri, non loro) per riscaldarsi?”.

Siamo contenti di essere riusciti ad andare il quel teatro, celebrando la Sesta Strada, che è piena di locali con musica dal vivo e, di per sé, una arteria da visitare di rigore perché è l’anima della Austin giovane, vivace, colorata. Ed europea, viene da dire. Finora non ci era capitato di respirare un’atmosfera simile nelle altre città americane visitate. Abbiamo fatto bene a scegliere Austin per questa giornata “off the road”, senza auto, in stile New York.

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2023-09-21T09:04:36+02:00
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