44. 26 settembre 2023 – Athens

Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

Il trasferimento di oggi, da Montgomery ad Athens, ha preso un sacco di tempo per la oggettiva lunghezza del viaggio, aggravata all’arrivo dal cambio di fuso tra l’Alabama e la Georgia. Siamo riusciti comunque a rispettare l’appuntamento, preso da tempo, con cinque insegnanti di italiano della Uga, Università della Georgia ad Athens.

Il college è il più antico tra quelli pubblici negli Stati Uniti, essendo stato fondato nel 1785, ossia quattro anni prima del Chapell Hill della Università della Carolina del Nord. Ha 37mila studenti, comprese i 435 che si sono iscritti quest’anno ai corsi di italiano, un numero giudicato buono. La curiosità, ci fanno notare, è l’incremento tra i nuovi venuti di ragazzi e ragazze con il cognome italiano: sono per lo più discendenti di famiglie emigrate nel passato, ma ci sono pure figli di italiani arrivati qui di recente, di prima generazione.

L’università ha un filtro d’ingresso attorno al 20%, che è piuttosto severo, anche se non a livello delle Ivy League con le loro percentuali del 5% circa di ammessi sul totale delle domande. “Siamo soddisfatti degli afflussi”, specificano, “e anche un po’ stupiti, perché non pochi vengono da fuori della Georgia, e persino dagli Stati del Nord-Est”.

Durante il giro di visita agli edifici che ospitano i corsi di italiano in altre facoltà (“Il nostro dipartimento ha bisogno di più aule di quante ce ne siano oggi nel Gilbert Hall, l’ex ospedale adattato a fare da sede per le lingue romanze”, lamentano), Samantha Gillen, una dei docenti, ci fa vedere, in lontananza, lo stadio del football. La squadra del college, i Dawgs, va fortissima: ha vinto i due recenti campionati universitari nazionali e punta al terzo quest’anno. Non solo il campus, ma anche Athens impazzisce dal tifo, e nel fine settimana la città va in tilt. L’orgoglio si estende anche alla squadra femminile di soccer (il calcio europeo).

Rientriamo finalmente nell’area condizionata della caffetteria e, seduti, approfondiamo la conoscenza reciproca. Vi presentiamo il gruppo uno per uno, perché le storie di vita che hanno portato questi docenti a fare i portabandiera della lingua nazionale lo meritano.

Concettina Pizzuti è alla Uga dal 2001. Con in tasca la laurea in inglese conseguita all’università della Calabria, è arrivata a Pittsburgh, per un master, nel 1979. Da qui, ha preso il dottorato in lingue ad Harvard, per poi insegnare l’italiano a Salt Like City in Utah, a Tucson (Oklahoma ), a Chicago (dieci anni) e infine qui ad Athens. Concettina fa la coordinatrice dei corsi di base (primo e secondo anno) e insegna corsi di lingua agli studenti che scelgono l’italiano per i tre semestri di lingua obbligatori per laurearsi.

Thomas Peterson è nato in Minnesota e ha i nonni norvegesi. “Mia nonna paterna, abbiente, mi ha portato in viaggio in Italia quando avevo 12 anni e da lì è nato il mio amore per il vostro Paese”, racconta. “Ho studiato un anno a Firenze e poi Arte a Venezia”. Peterson ricorda, ridendo, un aneddoto. Quando, in Italia, lui diceva di chiamarsi Peterson, tutti volevano sapere che legami avesse con il campione di pallacanestro americano. Dan Peterson giocò e allenò a lungo a Milano, ma nulla aveva a che fare con Thomas. Peterson è modesto nel presentarsi. Ha un master in italiano a Berkeley e un dottorato in Italian Studies alla Brown University. È alla UGA dal 1990 ed è stato promosso professore nel 1999. Siede nel board scientifico del Centro Studi Franco Fortini e nel board editoriale della Da Ponte Library. Una carriera impeccabile da “italico”, conquistato dalla lingua di Dante e impegnato a farla amare dai ragazzi della Georgia.

Jeff Kilpatrick, scozzese-irlandese, ha studiato film a Firenze e lì si è innamorato dell’italiano. Ha una moglie americana, come lui amante del nostro Paese. Infatti entrambi a casa parlano italiano con i loro due figli. Ci racconta che uno dei due bambini, che aveva passato tanto tempo a Piacenza con due suoi amici italiani, aveva preso la erre moscia emiliana. E ci ride su con orgoglio (“purtroppo ora un po’ l’ha persa”, dice). Jeff, oltre a fare i corsi di lingua come tutti i colleghi, organizza partite di bocce per socializzare con gli studenti, allargando le occasioni di parlare italiano.

Samantha Gillen, irlandese-americana, ha imparato l’italiano studiando musica. “Sono italiana di quinta generazione, con una trisavola abruzzese. Tecnicamente sono di cittadinanza italiana, come mio padre e mio nonno, per avere il passaporto utile per viaggiare. Ma soprattutto mi sento italiana di cuore e di passione”. Dice proprio così. Quando ci ha fatto vedere lo stadio del football le ho chiesto se era una tifosa. “No, preferisco il calcio europeo e tifo…” In queste occasioni io (Glauco) trattengo il fiato. Stavolta è andata bene: “Mi piacciono il Liverpool e il Milan”, ha detto.

Lisa Dolasinski è una tosta che fa pugilato, e ha anche praticato il pallacanestro e il calcio. Ha origini polacche e dice di essere italiana “di quarta generazione, credo”. Lisa ha “incontrato” Niccolò Machiavelli studiando storia e si è tanto appassionata del personaggio da voler approfondire la sua conoscenza, ma in italiano. Si è messa a imparare la nostra lingua, a Siena, ed ha cominciato a insegnarla agli immigrati in Italia. Da qui, il passaggio ad Athens per insegnarla ai ragazzi americani. La scorsa estate ha insegnato italiano a Cortona (Arezzo), dove dal 1970 Uga organizza uno dei suoi programmi di studio all’estero.

La partnership accademica di Cortona con Athens ha portato nel 1978 al gemellaggio tra i due municipi, e allo sviluppo di programmi sempre più intensi e coordinati. Oggi i corsi che si tengono nella città toscana riguardano la scienza, la storia dell’arte, il teatro e la danza. E il programma di Athens si è esteso a varie materie in diverse località italiane, tra le altre: musica e management a Milano; ingegneria a Padova e Torino; pedagogia a Modena; viticoltura ed enologia a Montalcino; archeologia a Venezia.

Tutti e cinque questi docenti concordano su un fatto: gli americani della generazione giovane e giovanissima amano la lingua e la cultura italiane. Può essere che il loro entusiasmo in cattedra sia contagioso: del resto, è la migliore qualità di un docente. Ma noi crediamo che ci sia sotto anche qualcosa d’altro.

Quando abbiamo chiesto che cosa pensano dell’Italia gli studenti americani di oggi, e abbiamo citato i Måneskin, Lisa e Samantha ci hanno risposto: “Vanno matti… ma anche a noi piacciono tanto, siamo andate recentemente al loro spettacolo ad Atlanta!”.

Sommiamo alla passione per i Måneskin (fenomeno nazionale, al concerto al Madison Square Garden di New York c’è stato il soldout) il tifo per il soccer, che avrà la sua consacrazione nel 2026 quando gli USA ospiteranno i Mondiali di calcio (con ruolo marginale di Messico e Canada). Aggiungiamo l’altra battuta che ha fatto Lisa, parlando del gusto crescente per l’Italia tra gli studenti: “È famosissima qui anche la influencer Chiara Ferragni, che parla italiano oltre che in inglese”.

Sono questi i primi segnali che l’America vede vacillare l’indiscusso soft power – nella cultura, nella musica, nello sport ,nei divi di massa – che vantava quando avevamo noi gli anni di Lisa e Samantha? E, se c’è davvero, quale sarebbe la causa di questo smottamento del potere americano nei gusti, nella cultura? Internet ha avvicinato le società, e le persone di diverse estrazioni. Ha rimescolato informazioni, passioni, aspirazioni, e con questo lavorio ha rimodellato gusti e mentalità.

Gli americani una volta, non tanto tempo fa, non vedevano altro che se stessi. Non studiavano le lingue. Non avevano il passaporto. Non vedevano film stranieri (se non l’élite, e in rare occasioni). Stiamo assistendo ad una globalizzazione che omologa i gusti di tutti, quindi negativa, con TikTok e gli altri social media colpevoli? Oppure vediamo il positivo di nuove generazioni aperte al confronto con tutti, che non riconoscono conformisticamente i soft power di chicchessia?

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2023-09-28T11:14:32+02:00
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