6. 19 agosto 2023 – Charleston

Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

Charleston ci appare in tutta la sua tropicale lussureggiante verzura nell’Hampton Park. È uno scenario incantato, con la Spanish moss che pende dalle querce come delicati pizzi. È un pezzo del fascino di questa cittadina del Profondo sud che però ha anche una storia complicata e violenta.

È una tappa importante del nostro viaggio alla scoperta dell’altra America, in parte ispirato dal viaggio che Frederick Law Olmsted fece nel 1853-54 – prima della guerra civile e prima di diventare l’architetto di Central Park – come inviato del New York Times per capire come funzionava l’economia delle piantagioni. La sua ipotesi era che la schiavitù non era solo moralmente inaccettabile, ma era anche economicamente inefficiente. Partito dalla capitale Washington D.C. era sceso a Raleigh e poi a Charleston, come noi, poi ha continuato giù a Savannah e poi ancora verso il West attraversando l’Alabama, il Mississippi, la Louisiana e il Texas, come programmiamo di fare anche noi.

Charleston è importante perché nel suo porto sbarcarono 30 mila schiavi dall’Africa, più che in qualsiasi altro porto americano. E proprio qui a Hampton Park c’è un monumento che ricorda una storia drammatica di quegli anni: è la statua di Denmark Vesey, uno schiavo che era riuscito a comprarsi la libertà grazie alla vincita di una lotteria, era diventato un falegname di successo, ma non si era rassegnato a vedere i suoi fratelli in catene. Aveva quindi organizzato una rivolta di massa nel 1822 ma, scoperto, era stato impiccato con altri 34 suoi compagni. L’abolizionista Frederick Douglas ne parlava come di “un glorioso martire contro la schiavitù” e solo quasi 200 anni dopo la città di Charleston ha deciso di dedicargli questo monumento. Decisione ultra contestata da una parte della popolazione tanto che alla fine è stato messo in questo parco, bello sì, ma ben lontano dal centro dove tutti l’avrebbero visto. Due anni fa il monumento è stato anche danneggiato da vandali. Ma ora è stato restaurato e Vesey è lì, mezzo nascosto nel verde, ancora a sfidare chi lo vorrebbe liquidare come un criminale.

Ci rincuoriamo parlando a lungo con Giovanna De Luca, professoressa di Italiano e Film al College di Charleston, nonché ideatrice e direttore artistico del Nuovo cinema italiano film festival che lei organizza ogni ottobre in città. Trapiantata a Charleston dal 2004, dopo aver ottenuto il dottorato in Letteratura con specializzazione in Italiano e Studi cinematografici alla City University of New York, ci dà una buona notizia. “Qui l’italiano è molto cool, è di casa – ci racconta Giovanna -. Charleston è gemellata con Spoleto, grazie al fatto di essere stata scelta dal compositore Gian Carlo Menotti come sede della versione americana del Festival dei due mondi. E anche gli studi di italiano nel mio College sono molto popolari: quest’anno avremo circa 600 studenti di italiano (su un totale di 12 mila). E tutti vorrebbero andare per qualche mese a studiare nel nostro Paese”.

Anche il suo festival del cinema italiano ha un grande successo in città, nonostante non esista praticamente una comunità Italo-americana. “Ma alcune importanti famiglie di origine italiana ci sostengono, come i discendenti di Alfred Castle Olivetti, nipote di Camillo, il fondatore dell’Olivetti, che viveva qui”, racconta Giovanna.

Certo, non sono tutte rose e fiori. “Trasferirmi qui da New York è stato uno shock culturale – confessa Giovanna -. Ero venuta in America da Napoli, la mia città natale, per avanzare nella carriera accademica e poi mi sono spostata qui a Charleston che mi ha offerto l’opportunità di insegnare. Ma subito mi è mancato il multiculturalismo newyorkese, oltre che la vivacità napoletana. Anche per questo ho creato il festival cinematografico che, insieme al Festival di Spoleto, rappresenta per me l’immersione in un clima  diverso, internazionale, uno stacco dalla vita molto provinciale di Charleston. Che fatica a cambiare nonostante negli ultimi tempi sia diventata una meta di moda per i newyorkesi”.

Ci colpisce come Giovanna vede i rapporti fra i bianchi – oltre il 70% della popolazione – e gli Afro-americani, il 21%. “Nella mia personale esperienza   vedo che qui non ci sono le tensioni comuni in altre città americane – dice -. Molti bianchi e neri hanno lo stesso cognome, sono discendenti di chissà quali relazioni fra i due gruppi. Non è raro sentire un nero dire a un bianco, scherzando, ‘forse sei mio fratello’.”

Ci lasciamo con un’ultima notizia su quanto è cool l’italiano a Charleston. “Uno degli atleti più popolari fra gli studenti e in particolare fra le ragazze del college è un bel ragazzo torinese, Leonardo D’Ambrosio, che gioca nella squadra di soccer (calcio), così bravo che l’hanno reclutato offrendogli una borsa di studio a copertura di tutte le spese universitarie. Per questo – dice Giovanna – lo faccio parlare al mio festival”.

Cliccate su ogni foto per leggere la didascalia

TORNA ALLA MAPPA DEL VIAGGIO
TORNA ALLA STOÀ

Le altre tappe del viaggio di Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

2023-08-24T10:11:20+02:00
Torna in cima