5. 18 agosto 2023 – Raleigh

Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

Tarantella, Bluegrass e Mazurca. Se alla fusione di questi generi musicali non ci avete mai pensato, è perché non conoscete Mike Guggino e Barrett Smith. Amiconi da 25 anni, che è quando hanno scoperto di avere una fortissima passione per la musica popolare senza bandiere, fanno parte degli Steep Canyon Rangers, band di Bluegrass diventata famosa perché era stata scoperta anni fa da Steve Martin. L’attore è pure amante del folk, e con loro ha suonato il banjo. Noi, invece, Mike e Barrett li abbiamo incontrati un’ora prima del loro concerto di giovedì sera al teatro all’aperto del Museo d’Arte di Raleigh, e adesso lo sappiamo bene.

Mike non parla italiano, anche se il bisnonno arrivò in America dalla Sicilia e il nonno Joe, nato a Tampa, lo sapeva benissimo. “Parlava anche il tedesco e lo spagnolo perché era nell’esercito durante e dopo la guerra, ed era stato in Germania e nella base USA di Napoli”, racconta Mike. “L’unica frase che mi disse quando avevo cinque anni, e che ricordo bene, fu ‘tu sei un bambino”. Il nipotino stravedeva per Joe, che aveva studiato musica classica al college e suonava il violino. Da lui non imparò la lingua, ma la musica sì. “Una volta mi suonò una mazurca e quella melodia mi colpì profondamente. Da quel momento capii che quello era il mio destino: ma non la musica in genere, proprio ‘quella’ musica”.

Mike cominciò in verità a suonare il pianoforte, poi il sassofono e la chitarra, ma a 19 anni decise che il suo strumento era il mandolino. “So che è uno strumento italiano, ma è anche quello che suonava il padre del Bluegrass americano, Bill Monroe”, ci racconta Mike. “Lui ha combinato la musica folkloristica americana delle montagne con la musica afro-americana e la fusione ha dato, appunto, il Bluegrass”. Guggino, a questo stile, ha aggiunto il flavour italiano. “Il mandolino mi piace in particolare per la sua caratteristica tecnica, che permette di mantenere la stessa nota sostenuta a lungo. Il Bluegrass e la musica folkloristica tradizionale italiana non sono così diversi: hanno un’estetica simile, sono molto veloci e richiedono una partecipazione intensa. Anche i temi sono simili: cuori spezzati, amore… proprio come nelle canzoni napoletane”.

Scoprire che la musica italiana popolare abbia ancora qualche valido custode negli USA è, culturalmente, molto confortante. E a questo punto interviene Barrett, che non è italiano ma sa abbastanza la lingua perché ha vissuto da giovane in Europa e nel nostro Paese ha insegnato chitarra a Spoleto. “Non siete preoccupati dello stereotipo sugli italiani pizza-mandolino?”, chiediamo. “No, siamo preoccupati che la tradizione di questa musica italiana, tarantelle e mazurche, vada persa. Non c’è invece il rischio che sparisca il Bluegrass, qui è molto popolare”. Mike annuisce. L’intesa fra i due è forte e creativa. “Oltre che suonare con questa band di Bluegrass”, dice Mike, “noi due suoniamo la musica tradizionale italiana in un ristorante a Brevard, la cittadina della Carolina del Nord dove io vivo. È un’area dove c’è una vibrante scena musicale, la gente è interessata a tutti tipi di musica. E quando abbiamo proposto a un nostro amico che ha un ristorante, non italiano, di organizzare una ‘notte italiana’  con cibo della cucina italiana e musica italiana, lui ha subito accettato. Continuiamo a farla, quando non siamo in tour: suoniamo tarantelle e mazurche, ed è sempre un grande successo. La gente, per quella sera speciale, mangia cibo italiano e beve vino italiano. C’è un pubblico misto di americani e di italo-americani che si sentono immersi nel loro ideale di Italia. Riusciamo a creare un’atmosfera che fa loro sognare di essere davvero in Italia, anche se magari non ci andranno mai. So che è così, perché è lo stesso sentimento che provo io quando sento questa musica”.

Mike e Barrett hanno un amico italiano, Beppe Gambetta, genovese, che è un ottimo chitarrista di Bluegrass. Sono orgogliosi di aver suonato con lui varie volte in New Jersey. La conversazione è gradevole, ma per loro è quasi ora di andare in scena. Lasciamo il pullman per andare a prendere posto nel teatro all’aperto davanti al palco. I due amici ci hanno regalato il loro cd, una serie di mazurche, valzer, tarantelle. Il titolo è “Mia dolce farfalla”, una loro composizione. “Stasera suonerò ‘Knob Creek’, il ruscello vicino a dove sono cresciuto”, ci anticipa Mike. “Sentirete forti richiami italiani”. Il concerto è soldout, e noi siamo sul prato, gli unici biglietti disponibili che abbiamo trovato in mattinata, quando abbiamo saputo del concerto a Raleigh con un italo americano protagonista. Dietro di noi c’è una coppia di afro-americani anziani, sulle sedie pieghevoli portate da casa. Si sono divertiti molto, il Bluegrass in salsa napoletana è piaciuto anche a loro.

Dal prato della musica al campo scientifico-educativo, sempre di discendenza italiana: parliamo ora di Nino Antonio Masnari. È morto cinque anni fa ed è stato tanto importante a Raleigh da avere una targa che lo celebra proprio all’ingresso centrale del College of Engineering presso la Università di Stato della Carolina del Nord. Nella sua carriera quarantennale, iniziata nel 1979, di professore di ingegneria elettrica ed elettronica, e poi di rettore, Masnari si è distinto sul piano didattico e per aver guidato la transizione dalla fase della ingegneria elettrica a quella dei computer. Sul piano manageriale, ha avuto il coraggio di assumere la prima donna come membro della facoltà tecnologica per eccellenza, ed è stato il primo ad avere una donna come sua vice quando è diventato dean.

Siamo andati al nuovo campus della North Carolina State University, che compie quest’anno 100 anni dalla sua creazione, perché la nuova biblioteca James B. Hunt Jr., specializzata in Ingegneria, ha una sede che va visitata, avendo la fama di essere tra le più belle e moderne al mondo. Fama meritata. Inaugurata nel 2013, è costata ben 115 milioni di dollari. L’università voleva un edificio di eccellenza e ha affidato progetto e costruzione allo studio norvegese di architettura Snøhetta, celebre per aver realizzato la biblioteca, faraonica, di Alessandria d’Egitto. La Hunt ha 1,5 milioni di libri, per la grandissima maggioranza dedicati alle materie tecniche che interessano agli studenti della adiacente facoltà per ingegneri. I libri richiesti vengono ricercati da un robot e, del resto, le postazioni per la consultazione propongono uno scenario da film di fantascienza. Le soluzioni, sui cinque piani dell’edificio, sono la testimonianza del rinomato gusto scandinavo per il design: ci sono delle poltroncine a uovo che abbiamo visto in una spa italiana di New York, altre a zig zag che starebbero bene al Moma, e altre ancora, avvolgenti e ultracomode in plexiglas. Le abbiamo provate, e fotografate. Contemporaneamente, nella Hunt possono studiare 1700 studenti. Tutto è davvero magnifico, e le studentesse e gli studenti non hanno scuse ambientali se non prendono la laurea con la lode.

Insieme alla ammirazione per il risultato estetico, oltre che operativo, della biblioteca, può sorgere al visitatore il dubbio se lo Stato abbia speso al meglio le sue risorse investendo quei 115 milioni. Si può dare una risposta facile e moralistica, e dire che si potrebbe studiare anche senza le poltroncine da museo. Masnari, di sicuro, non le aveva. Ma bisogna ricordare che l’America ha il federalismo, e ogni Stato raccoglie, gestisce e spende le risorse che ha: la Carolina del Nord ha una tassa individuale piatta sul reddito pari al 4,75%, e se si aggiungono le tasse statali e municipali sulle vendite non si arriva al 7%.

Contenti i residenti di avere una biblioteca faraonica, contenti tutti, e soprattutto gli utenti, i giovani e i professori. In tutto il complesso dei college statali di Raleigh conta 36 mila studenti, per una retta di 25 mila dollari annui, che (per i cittadini locali) scende a una media di 16 mila dollari anche grazie agli aiuti finanziari pubblici per i meno abbienti.

Va anche osservato che l’orientamento della Carolina del Nord verso la tecnologia non è improvvisato, e la Hunt Library si inserisce bene nella realtà di Raleigh, che è la maggiore città universitaria del Research Triangle Park, area che era stata designata dal 1959 allo sviluppo delle imprese high tech: le altre due punte del triangolo sono le contee di Durham e di Wake, con le rispettive università. Nel comparto della salute, particolarmente sviluppato negli anni recenti, c’è la Chiesi Usa, sussidiaria della italiana Chiesi Farmaceutici spa, azienda globale con la base a Parma. Il Parco del Triangolo della ricerca può essere definito come un incontro tra la Silicon Valley e il Profondo Sud, essendo sede di tante startup che affiancano giganti della tecnologia del calibro della Citrix, della GE Digital e della IBM, che ha assorbito Red Hat, nata qui a Raleigh. Ma la novità destinata a ingigantire di importanza il Triangolo è la decisione della Apple di aprire prossimamente un campus che darà lavoro, all’inizio, a 2700 ricercatori.

Prima di recarci a visitare il college di ingegneria eravamo passati dal Capitol, che qui è sede del solo governatore, ma non abbiamo potuto visitarlo, essendo in corso il rifacimento del tetto e un ammodernamento delle strutture. Chissà che gioiello verrà fuori.

Di fianco all’Alligator River National Wildlife Refuge, popolato da alligatori, orsi neri, lupi rossi.

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2023-08-24T10:08:29+02:00
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