2. 15 agosto 2023 – Richmond
Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi
Il nome Richmond viene dalla omonima città inglese sul Tamigi, ma il suo uomo più illustre, Thomas Jefferson, le ha impresso un indelebile marchio italiano, o meglio della Roma antica. Jefferson era l’ambasciatore in Francia per gli Stati Uniti, e accettò dal governatore della Virginia il compito di fare il design per il Campidoglio, sede del governo statale. La prima riunione della assemblea generale della Virginia si era tenuta nel 1619, a Jamestown, ma per 160 anni i legislatori avevano utilizzato siti occasionali, a Jamestown e a Williamsburg, che andavano dalle chiese alle case private, dalle taverne alle scuole. Quando nel 1780 la capitale dello Stato fu trasferita a Richmond, era arrivato il tempo per un posto congruo e l’ora di Jefferson. E lui pensò in grande, mettendo a frutto la sua ammirazione per l’arte architettonica del classicismo romano. L’idea la prese dalla Maison Carrèe di Nimes, nella Francia meridionale, l’antico tempio dai tempi imperiali ancora completamente conservato oggi, e che era a sua volta ispirato ai templi di Apollo e di Marte Vendicatore a Roma. Jefferson usò anche una variante, per le colonne ioniche, ideata dall’italiano Vincenzo Scamozzi, discepolo di Andrea Palladio.
La prima pietra fu posta nel 1785, sul colle di Shockoe, e il Capitol fu usato dai legislatori tre anni dopo, ancora in costruzione. Fu poi completato, nella maestosa forma ammirabile oggi, nel 1798. Jefferson, che all’opera ha contribuito con passione creativa nel proporre il design, non è stato in realtà accontentato al 100% dai costruttori nella realizzazione del progetto, ma alla fine ha espresso la sua soddisfazione perché il messaggio del richiamo alla cultura e al gusto classicamente europeo era rimasto intatto.
Gli Stati Uniti hanno cinquanta Campidogli locali, uno per Stato, e noi li abbiamo visti quasi tutti. Ma questo della Virginia ha davvero un sapore particolare. Richmond sa di Storia più di tutte le altre capitali, perché la Virginia è davvero il cuore della nazione. Il visitatore non può sottrarsi a questa sensazione, anche se volesse. George Washington, l’eroe della rivoluzione e primo presidente, è nato in Virginia, e questo potrebbe bastare. Ma è fisicamente lì, a ricordarlo. Una sua imponente statua equestre è a pochi metri dal Campidoglio, e un’altra è all’interno, nella Rotunda. Jefferson, che è nato pure lui in Virginia ed è il celebrato “architetto della libertà”, ha una sua statua celebrativa, pagata da privati e inaugurata nel 2012, che lo immortala quando aveva 42 anni mentre tiene in mano i disegni del progetto architettonico che sarebbe diventato il Virginia State Capitol.
Il primo (Washington) e il terzo (Jefferson) sono i presidenti della Virginia che hanno vinto la rivoluzione e fatto la Costituzione. Ma dopo di loro ne sono venuti altri sei, ciò che fa di questo Stato la culla storica dei presidenti.
Chi visita Richmond si ritrova nel vivo dei due drammi americani, collegati da una radice comune, che sono la Guerra civile e il razzismo. A pochi isolati dalla gloria dei vincitori, scolpita nel bianco tempio di Jefferson e nel marmo di Washington, c’è ancora la Casa Bianca dei Confederati. Vi visse, e governò, Jefferson F. Davis, che fu il solo a servire come presidente secessionista, a capo degli Stati ribelli, tra il 1861 e il 1865. Quindi la Virginia non solo è tra i 13 Stati che hanno dato vita agli Stati Uniti, ma ha anche ospitato il presidente che voleva dividerla.
Il nord vinse la guerra, che nella sostanza era stata combattuta per abolire la schiavitù al prezzo di oltre 600mila morti, ma la dichiarazione di emancipazione di Lincoln non risolse la questione.
Gli anni della Ricostruzione, nella seconda metà dell’Ottocento, in realtà diedero il via alla segregazione tra bianchi e neri, non più formalmente schiavi ma vittime di una nuova odiosa condizione di discriminazione. Quando non degenerò nei linciaggi e nelle stragi, come in Florida o in Oklahoma e in altri Stati del sud, fu comunque una oppressione sociale e umana diffusa. Anche i neri della Virginia la subirono.
La risposta dello Stato federale, a livello istituzionale e poi via via pratico, venne solo con la legge dei diritti civili della metà del secolo scorso. Ma anche prima, portata sulla spalle da singole figure encomiabili, la resistenza ai soprusi, la rivolta alle ingiustizie e alla chiusura nel ghetto delle ingiustizie e delle privazioni, prese forma e creò situazioni concrete di vera emancipazione, perfino di successi.
Maggie Walker è il personaggio che incarna questo vero eroismo individuale. È stata la prima donna nera a diventare presidente di una banca, e parliamo dell’anno 1903. Ma è stata anche imprenditrice, capace di avviare e gestire un negozio di successo a Jackson Ward, il quartiere segregato di Richmond. Ed è stata una insegnante. L’abbiamo scoperta visitando la sua casa, sito storico gestito dal National Park Service, e ascoltando la sua storia dal preparatissimo ranger Mark Wilcox. E siamo rimasti impressionati dal numero di libri, e dalla vibrante ansia di essere all’avanguardia: Maggie aveva il grammofono elettrico, la radio, e un ascensore a traino (se lo fece fare quando era paralizzata, e diabetica, ma continuava a lavorare in carrozzella a casa). Ha avuto anche tre figli (uno morto infante). La sua vita è stata una costante ricerca di auto promozione e ha saputo dimostrare, prima della lotta contro il razzismo di Martin Luther King e del femminismo, che la forza di volontà e la determinazione sono tutto. Anche sotto un regime che ti vorrebbe umiliata.
Sua mamma era una schiava, e Maggie si è ribellata fin da giovane a questa condizione umiliante per un essere umano. Ha tratto una lezione, che ci ha colpito e fatto pensare per la sua modernità. Lo direbbe oggi ogni mamma alla figlia, ma oggi è oggi. “La giovane donna che nel profondo del suo cuore vuole fare qualcosa e vuole essere qualcosa e si sforza per quello scopo certamente troverà qualcosa da fare”. Nella casa museo di Maggie Walker, si trovano tante di queste perle di coraggio civile. E un bellissimo filmato sulla sua vita e i suoi successi.
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