24. 6 settembre 2023 – Orange
Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi
Oggi gran giorno. In un coast to coast, quando arrivi a vedere l’altro Oceano è un momento che non dimentichi. Malibu era splendente nel sole del mezzogiorno e noi abbiamo celebrato con un selfie. Il primo appuntamento della giornata era stato però un altro: la biblioteca presidenziale di Ronald Reagan a Malibu. È la più grande di tutte, e in un posto simbolico scelto per rispecchiare la filosofia del presidente.
“Siamo la città sulla collina”, aveva detto nel discorso del “Buon Giorno, America!” che era diventato l’inno all’ottimismo e alla rinascita del Paese dopo gli anni della crisi economica e geo-politica dell’era Carter.
E su una collina ci troviamo ora, ammirando a 360 gradi la campagna californiana attorno a noi. Prati verdi, giardini fioriti, statue sorridenti di Ron e Nancy: la prima impressione entrando nella Library reaganiana è di essere in un’altra America, lontana dal clima corrosivo e polarizzato di oggi. Che presidenti c’erano, una volta!
I pannelli con le descrizioni e le immagini del presidente che ha vinto la Guerra Fredda e risanato l’economia mettono l’enfasi sul carattere dell’uomo, sulle sue qualità morali e umane, sui suoi principi guida nel cercare di soddisfare le sue ambizioni, sull’amore perfetto e ricambiato per la compagna di tutta la vita.
Reagan ci tiene a essere ricordato come una persona per bene, prima che un politico vincente. Uno che dedica una bacheca alla vecchia bibbia di famiglia su cui ha giurato per due volte la fedeltà alla Costituzione. Uno che, venuto dal niente, voleva fare il giornalista sportivo e c’è riuscito; poi voleva fare l’attore e c’è riuscito, andando con 600 dollari in tasca, in auto, dall’Illinois a Hollywood. Uno che ha scoperto la via politica, secondo lui giusta, basata sul libero mercato e sul piccolo governo, non solo e non subito sui libri, ma nella pratica della sua esistenza. L’evoluzione da Democratico a Repubblicano è presentata con misura ed ironia, senza iattanza: “Non sono io ad aver lasciato il partito democratico, è stato il partito democratico ad aver lasciato me”. Ha sofferto ad aver licenziato tutti i controllori di volo in sciopero in un colpo solo, fa sapere, ma ha dovuto agire per il bene della nazione.
Nella biblioteca si incontrano i suoi amici di una fase storica decisiva per la libertà sui due lati dell’Atlantico: Margaret Thatcher, con l’orazione funebre più commovente, Lech Walesa e il papa polacco.
Rileggere le storie dei presidenti è un po’ sempre anche rivedere se stessi, se ci sono state sovrapposizioni di anni di vita. Io, Glauco, avevo l’età per protestare contro le politiche dei governi americani negli anni critici dello scudo dei missili Usa a difesa dell’Europa occidentale contro l’URSS. E scesi in piazza con i miei compagni d’università del tempo, stando dalla parte sbagliata della Storia. Andai anche a Berlino, nel 1968, e vidi il Muro e il Charlie Point in piedi, nel pieno della loro funzione contro la libertà dei berlinesi, e del mondo occidentale. La visita alla Biblioteca mi ha portato oggi davanti a un pezzo vero del muro di Berlino: chissà se l’avevo visto con i miei occhi, quel pezzo, quando era ancora là, a dividere in due il mondo libero da quello comunista?
Non manca nella visita la parte leggera. Il percorso prevede che si salga addirittura sull’aereo Air Force One in cui Reagan aveva fatto aggiungere una poltroncina nella sala di guida, per stare dietro ai piloti con la curiosità del bambino. Con le foto di souvenir, a pagamento, mentre si scende dalla scaletta. E i vizietti di gola: Reagan amava le caramelle e Nancy voleva invece che mangiasse la frutta, invano. Gli piaceva fumare ma lo faceva di nascosto, perché lei non voleva.
Ne faremo altri di incontri “presidenziali”, sempre con tanti visitatori americani curiosi, interessati alle loro radici. Sono il termometro di come la gente comune vive l’istituzione della Casa Bianca, fino a quando saprà conservare la sua sacralità civile.
Nel fitto calendario odierno c’è un altro must, in questa zona della California. È la Villa dei Papiri che il miliardario del petrolio Paul Getty ha fatto costruire a Malibu, modellandola sull’originale di Ercolano che era stato distrutto dalla eruzione del Vesuvio 2 mila anni fa.
Getty va senza dubbio iscritto tra gli Italici, quegli stranieri che vivono intensamente l’attrazione per tutto quanto sa di Penisola. Nel suo caso, l’immenso patrimonio di sculture e affreschi che la cultura greco-romana produsse prima e dopo la morte di Gesù Cristo. Collezionista di una avidità insaziabile che non badava a spese, ha la soddisfazione di poter dire, come ha fatto al Los Angeles Time per l’inaugurazione nel 1974: “Uno potrebbe dire vai a Pompei e a Ercolano e guarda le ville romane nel modo in cui sono ora —poi vai a Malibu e guarda come erano nei tempi antichi”.
I busti e le teste, i marmi e i bronzi, i mosaici e gli affreschi… dopo qualche minuto di visita nei chiostri esterni e nelle sale su due piani della villa che si sporge sul Pacifico si può veramente immaginare di essere a Pompei. Oppure nella ala greco-romana del classicismo antico che abbiamo visitato tante volte al Metropolitan Museum di New York. Non ci aspettavamo di poter fare questo confronto, che è il miglior complimento per l’opera di collezionismo ambizioso di una singola persona che non ha temuto di sfidare secolari istituzioni museali con la sua Villa aperta al pubblico da mezzo secolo, tuttora gratuitamente.
Dalla Casa Bianca di Reagan ad un’altra Casa Bianca, che è il ristorante Anaheim White House dell’italiano Bruno Serato, nella città vicino a Los Angeles dove ha sede il primo parco Disneyland. Per una coincidenza dovuta alla pura vicinanza geografica tra i due luoghi, abbiamo organizzato visita storica e cena (super) per la stessa giornata. Ma parlare di sola cucina – che merita, ve lo assicuriamo – a proposito di questa “Casa Bianca” sarebbe fare un torto a Serato. Per la prima ora della visita ci ha raccontato il successo, mondiale in verità, della sua iniziativa di beneficenza: cucinare e servire piatti di pastasciutta ai bambini indigenti dell’area attorno al ristorante.
Partita nel 2005 su spinta di sua mamma Caterina, da poche decine di piatti distribuiti l’iniziativa è decollata nel 2011 quando CNN ha nominato Bruno uno dei dieci “eroi dell’anno”, facendogli tanta pubblicità da attirare un sacco di donazioni. “Quell’anno abbiamo servito 300 pasti, ora ne serviamo 100 mila al mese e lo scorso 25 luglio abbiamo celebrato 9 milioni di piatti”, ci racconta Bruno, mentre mangiamo con lui tartare ed escargot, cosce di rana, branzino e un superbo sufflé.
La generosità è contagiosa, e il circolo virtuoso che si è creato attorno alla sua persona affabile e instancabile, manda la pasta, e soprattutto la missione della beneficenza, in Messico e pure in Africa e Asia. Gli ultimi traguardi sono stati le Filippine, il Nepal e l’Etiopia. La rete degli sponsor è fedele e consolidata, a partire dalla Barilla. E Caterina’s Club – il nome del programma in onore di sua mamma – ha amici famosissimi, a partire da Sofia Loren e i suoi figli che offrono sostegno e incoraggiano l’emulazione benefica. La catena del bene, sotto forma di piatti caldi di pasta al sugo, non ha fine, ma obiettivi crescenti e precisi. Il prossimo sono i 10 milioni di pasti distribuiti, che sarà raggiunto tra circa otto o nove mesi.
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