23. 5 settembre 2023 – Pasadena

Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi

Non è un museo ufficiale della società McDonald’s, si entra gratis perché si sostiene con donazioni private. Passando da San Bernardino merita comunque una veloce visita per le chicche che ha in mostra. La prima è che si tratta della sede del primo ristorante dei fratelli Maurice “Mac” e  Richard “Dick” McDonald, che alla fine si accontentarono di vendere la mini catena che avevano creato per una frazione infinitesimale di quello che vale ora. Nel museo ci sono i vestiti di scena e gli arnesi per preparare gli hamburger usati nel film “The Founder” (2016), diretto da John Lee Hancock e scritto da Robert Siegel, sulla storia della azienda. Michael Keaton fa la parte del piazzista di macchine per frappé Ray Kroch, il vero artefice del successo della catena di fast food che nutre oggi l’1% degli abitanti del pianeta. Dopo aver visitato il ristorante dei McDonalds, capì che il modo di gestirlo e il loro cognome erano una miniera. Il film, che raccomandiamo per chi non lo ha visto, è divertente ed è anche una lezione eccellente perché mostra che inventare un prodotto di per sé non basta, senza un’idea vincente che moltiplichi la sua potenzialità. Dopo la visita alla Coca Cola di Atlanta, questa è una conferma del ruolo fondamentale del marketing nel business.

Il museo, inoltre, ha una originale caratteristica al suo esterno. Le pareti sono un enorme murales sulla storia di San Bernardino, firmato da Phil Yeh, padre cinese e madre scozzese, l’illustratore che ha iniziato nel 2012 a dipingere sul museo. Nato a Chicago, vive ora sulle colline sopra San Bernardino e ogni giorno è qui per arricchire la sua opera, che consiste in un mix di disegni, citazioni e immagini sponsorizzate. Ci mostra una scritta da cui apprendiamo che il figlio di Sofia Loren, Carlo Ponti Jr, è stato direttore della orchestra sinfonica di San Bernardino, e poi ci racconta d’essere stato nel 1995 a Bologna per fare un murales al Festival dei libri per bambini, nel 2018 a Roma e un po’ ovunque nel mondo, sempre per fare murales. “I disegni per i fumetti raffigurano personaggi che non invecchiano, e ci mantengono giovani”, dice. Ma prima dei saluti ci chiede se, per caso, conosciamo un suo amico di Roma, giornalista e disegnatore pure lui, Marco De Angelis. No, e un po’ lo deludiamo.

Dai fumetti alle stelle. Non lontano da Hollywood, vi raccomandiamo un’avventura davvero speciale, più affascinante che non guardare un film di fantascienza: la visita al “Centro dell’Universo” ovvero al Jet Propulsion Laboratory (JPL), il centro di sviluppo e ricerca della NASA gestito da Caltech (California institute of technology). Noi l’abbiamo vissuta oggi grazie all’ospitalità dello scienziato Paolo Focardi, specializzato nella progettazione e costruzione delle antenne che servono a mantenere la comunicazione con le navicelle e i robot delle missioni di JPL, fare misure dallo spazio, ricevere dati e inviare comandi. Ma il JPL offre tour anche ai turisti e mentre noi eravamo lì abbiamo incrociato un gruppo di italiani che partecipava al tour.

Di scienziati italiani al JPL ce n’è una trentina e Paolo è riuscito a farcene conoscere ben 13. Ascoltare e vedere che cosa fanno ci ha riempito di ammirazione e orgoglio.

“Siamo quasi tutti ingegneri laureati in Italia, venuti qui ognuno per meriti propri e impegnati in tanti diversi progetti – ci spiega Paolo -. Le nostre missioni servono a esplorare l’universo e a rispondere a domande scientifiche, per esempio se è possibile la vita su altri pianeti. Servono anche a monitorare la Terra dallo spazio per raccogliere dati utili per migliorare la nostra vita. Una delle ultime missioni, per esempio, SWOT (Surface Water and Ocean Topography), farà una mappa dell’altezza dell’acqua sulla Terra, importante per studiare il climate change”. Un altro esempio “pratico” è lo studio dei venti sulla Terra, su cui è impegnata Federica Polverari, che spiega: “I dati che raccogliamo servono a migliorare i modelli climatici che servono a prevedere fenomeni come gli uragani”.

“Il Centro dell’Universo” è la sala di controllo delle missioni, cuore del JPL e sito storico nazionale. “Qui c’è grande eccitazione e vengono i media quando c’è un lancio o un atterraggio – racconta Paolo -. E c’è chi, fra i dipendenti JPL, si è  inginocchiato sul simbolo per terra ‘The Center of the Universe’ per fare la proposta di matrimonio”.

Una delle prossime missioni, il cui lancio è atteso per l’ottobre 2024, è Europa Clipper, a cui lavorano Alessandro Rettura e Stefano Campagnola. “Esploreremo Europa, la luna di Giove che sappiamo (dalla precedente missione Galileo) avere un oceano liquido salato sotto uno strato di ghiaccio – spiega Alessandro -. Lo scopo è scoprire se Europa offre un ambiente adatto alla vita: se così fosse, sarebbe più probabile l’esistenza di vita anche fuori dal sistema solare, nell’universo. Ma per scoprirlo abbiamo dovuto risolvere problemi ingegneristici mai affrontati prima per evitare che gli strumenti di rilevazione siano ‘uccisi’ dalle radiazioni di Giove”.

Prima di Europa Clipper, il prossimo febbraio dovrebbe partire NISAR, frutto della collaborazione fra NASA e l’agenzia spaziale indiana ISRO. Ci lavorano Paolo Focardi, che ha progettato l’antenna del radar del JPL,Marco Lavalle, supervisore del gruppo algoritmi e Simone Tanelli, specializzato sui radar, che spiega: “L’obiettivo è mappare tutta la Terra per misurare eventi come alluvioni, terremoti e tsunami”.

E sempre l’anno prossimo gli USA dovrebbero tornare sulla luna con tre piccoli rover: “Vogliamo  vedere come i robot possono collaborare fra loro con meno supervisione dalla Terra”, spiega Federico Rossi che lavora a questo progetto chiamato CADRE (Cooperative Autonomous  Distributed Robotic Exploration).

Un altro affascinante progetto è Mars Sample Return (MSR) destinato a riportare sulla Terra campioni di materiali prelevati dalla superficie di Marte. Ci lavorano Marco Dolci, Alessio Mancini e Stefano Morellina. Per ora è in corso la prima fase, quella del prelievo dei materiali operato dal rover Perseverance, atterrato su Marte nel febbraio 2021. “Qui abbiamo il suo gemello Optimism, un modello utile per testare il funzionamento dei sistemi del rover – ci spiega Marco -. Il braccio robotico di MSR è  frutto di una collaborazione tra JPL e l’azienda italiana dell’aerospazio Leonardo”.

“Abbiamo rapporto con tutte le importanti aziende aerospaziali, compresa un’altra italiana, Thales-Alenia e i big americani da Boeing alla SpaceX di Elon Musk, di cui spesso usiamo i razzi per lanciare le nostre missioni”, aggiunge Paolo.

Questa full immersion in una realtà di scienziati ci ha permesso di affrontare il discorso della fuga dei cervelli dall’Italia. Che cosa ne pensano? Alessio Mancini, ingegnere delle antenne, è tra i più giovani e non ha peli sulla lingua. “Sono qui da un anno, vengo dall’ESA, agenzia spaziale europea, e quindi posso fare un confronto tra le due esperienze.

La carriera dei ricercatori in ESA è troppo influenzata dalla politica, nel senso che esiste una sorta di ‘sistema di quote per Paesi’ nella assegnazione dei ruoli e delle posizioni. C’è chi ha anche due o tre cittadinanze, per esempio, e quindi può utilizzare quella che gli serve di più per andare avanti. La distribuzione dipende dalla forza dei Paesi, non dalla bravura dei singoli, purtroppo”. Alessio ha fatto quindi domanda di essere assunto al JPL, dove l’hanno preso ben volentieri. “Qui mi trovo benissimo, JPL è una famiglia”. Lo dice e lo ripete. “Lavoriamo in sintonia tra colleghi perché è la passione per la ricerca che ci fa stare bene insieme, come una famiglia”.

Ed è una famiglia pure nella composizione per generi. Nel gruppo che abbiamo incontrato le donne sono cinque, a fronte di nove uomini.

Oltre a Federica Polverari, ci sono la scienziata planetaria Marzia Parisi, che lavora su future missioni su Urano e sulla luna Enceladus di Saturno; Valentina Ricchiuti, che si occupa del controllo della contaminazione dei materiali usati per le missioni; la cosmologa Diana Scognamiglio, impegnata nel mappare le galassie dell’universo; e Sara Susca, ingegnere della missione SPHEREX che raccoglie dati su galassie e stelle per esplorare le origini dell’universo.

È una percentuale che non rispecchia nemmeno lontanamente il rapporto tra uomini e donne che escono dalle facoltà di ingegneria in Italia. Come si spiega questa anomalia statistica? Perché ci sono, relativamente al numero potenziale di cervelli partenti dall’Italia, tante più donne che uomini? Loro rispondono che in Italia le donne hanno ancor meno opportunità di affermarsi con la meritocrazia che non gli uomini. Noi azzardiamo una battuta che piace: “Forse le ragazze sono più veloci a scappare dal sistema…”.

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2023-09-07T09:07:45+02:00
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