21. 3 settembre 2023 – Kingman
Qui non è Nuova York – Verso sud con Maria Teresa Cometto e Glauco Maggi
L’Arizona crede molto nella Route 66 come attrazione turistica, anche perché ha lunghissimi tratti in esercizio, opportunamente indicati “Historical” (Storici) nei tanti cartelli a forma di scudo lungo il percorso. Così oggi abbiamo deciso di uscire da Flagstaff imboccando subito la “66”, senza lasciarla fino alla meta prevista di Kingman, città che ospita un Museo dedicato proprio alla Route 66. La nostra scelta è stata premiata, tra l’altro, dalla immersione in boschi, sopra i 2000 metri, di conifere alpine verdissime affiancate da distese di fiori gialli sotto il cielo blu dell’Arizona del Nord. Scusate il bisticcio pittorico, ma sono tutto sommato poche le miglia stradali del coast-to-coast che danno ragione all’inno “America the Beautiful”. E queste lo meritano.
Ci sono però altri motivi per cui valeva la pena di dedicarci alla Route 66. La prima sosta a Seligman, per esempio, ci ha fatto scoprire le lontane radici tedesche trapiantate nella regione, e che sono ancora vive. La cittadina ha il nome del banchiere americano Jesse Seligman, che era nato in Baviera ed è stato un importante finanziatore della ferrovia che nell’Ottocento aveva gettato il primo ponte tra est ed ovest dell’America, e che aveva una fermata qui.
Il business locale era fiorito a partire da questa stazione, e tra i negozi c’era il Kaffee Seligman & Sundries (merci varie), che dopo varie vicissitudini è ancora in attività oggi, e costituisce una meta obbligata per i “romantici” che fanno la Route 66. Come noi, e come Zucchero, il cantante italiano che ama e si ispira al rock americano. Lui qui si è fermato due volte ed ha lasciato anni fa il manifesto di un suo concerto all’Arena di Verona. L’abbiamo notato e abbiamo chiesto al bar come fosse finito qui quel manifesto. “Gli piaceva passare sulla Route 66, siamo diventati amici e ci ha lasciato anche diversi ricordi” ci hanno risposto i due proprietari. Dischi? Magliette? Non lo dicono, ma sono cortesi e preferiscono parlare di se stessi. Lei, Ursula, è della Svizzera tedesca e lui, Thomas, è nato in Baviera, come Seligman. Da molti anni emigrati negli USA, hanno una casa in Tennessee, dove contano di tornare a vivere quando troveranno un acquirente per il Kaffee. “È stata una bella esperienza da quando avevamo comprato il locale storico nove anni fa, ma adesso io progetto un ‘quasi’ pensionamento”, ci confida Thomas, che ha la cittadinanza americana e in Germania aveva fatto per 23 anni il poliziotto. Adesso, con la sua esperienza, pensa di fare il consulente in “gun safety”, cioè nel maneggio delle armi in sicurezza, per i privati.
Maria Teresa, che considera assurdo che gli americani possano comprare i fucili semi-automatici tipo AR-15, non poteva perdere l’occasione di sentire un parere qualificato, e ha chiesto a Thomas che cosa ne pensasse. “Non è sbagliato venderli, sono fucili divertenti. Pochi sanno che le armi qui negli Usa sono già molto regolate. Bisogna curare la testa della gente, insegnare a rispettare la vita, gli altri, e le loro opinioni. I pazzi possono far male in molti modi, con i coltelli o le bombe”. Tutto detto con pacatezza. Prendiamo atto e torniamo on the road.
All’Arizona Route 66 Museum di Kingman impariamo la storia della resurrezione delle cittadine sulla tratta di quella strada che erano morte, dall’oggi al domani il 22 settembre del 1978, con l’apertura della superstrada I-40. Seligman, Peach Springs, Valentine, Hackbderry e Kingman erano state tagliate fuori dal traffico automobilistico, 9 mila vetture al giorno a quel tempo. Nessuno passava più da queste comunità perché tutti trovavano nell’autostrada gratuita, con più corsie, una soluzione abbreviata e molto più scorrevole e veloce.
Sembrava una fine inevitabile, ma non è andata così. Eroe del salvataggio è un ex barbiere, Angel Delgadillo, nato a Seligman nel 1927 e ancora in vita oggi. Ha una moglie con radici italiane, Vilma Rampelotto, che era nata in Messico da immigrati italiani e si era poi trasferita in America dove aveva conosciuto e sposato Angel.
Toccante, e istruttivo, è il vedere nel museo di Kingman l’ologramma con cui Angel, 96 anni, racconta con orgoglio la sua battaglia nell’ottenere dallo Stato dell’Arizona il riconoscimento della definizione di “Historical” per la Route 66. La sua opera di lobbismo è stata insistente ed efficace. Angel è infatti riuscito a creare una associazione dei business e della gente del posto a difesa della storica arteria.
Il successo della associazione in Arizona è stato contagioso, ed ora in tutti gli otto Stati da cui passa la Route 66 ci sono associazioni che si battono per la difesa del patrimonio storico e culturale della strada. È uno status istituzionale indispensabile per farla non solo sopravvivere, ma anzi per creare un fattore di sviluppo sul piano turistico e quindi economico.
Oggi, mentre eravamo al Kaffee di Seligman, è arrivato un pullman di turisti asiatici. Sulla strada per Kingman abbiamo visto motociclisti singoli e in gruppi: uno era di amici francesi e inglesi, dalle bandierine sui loro giubbotti in pelle nera d’ordinanza. L’amica italiana Donatella Davanzo, esperta della Route 66 in Oklahoma, ci aveva detto che la motivazione forte che spinge i turisti americani a vivere questa esperienza era la nostalgia degli Anni Sessanta, un viaggio nella memoria personale di ognuno.
Angel Delgadillo ha fatto la sua battaglia pensando al futuro della gente come lui, che vive in questa regione e che era stata eliminata sull’altare del progresso.
Per sgranchirci le gambe dopo tante ore in automobile, a Kingman siamo andati a camminare sul White Cliffs Wagon Trail. È il percorso che alla fine dell’Ottocento i carri trainati da cavalli facevano per portare i minerali dalle miniere di Stockton Hill alla ferrovia. Impervio e scenico, fra cactus e rocce dalle forme misteriose.
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